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Il non morto

12 lunedì Giu 2017

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia

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amministrative 2017, antipolitica, Beppe Grillo, Berlusconi, Centro-destra, Centro-sinistra, Civati, Clinton, Corbyn, destra, Di Battista, Di Maio, economia, elettorato, elettori, elezioni, elezioni amministrative, Forza Italia, Fratoianni, governo, Grillo, ideali, ideologie, Jobs Act, M5S, Macron, Matteo Renzi, Minniti, PD, politica, Possibile, Raggi, Renzi, Roma, Salvini, Sanders, Silvio Berlusconi, Sinistra, voti, voto

Trovo francamente piuttosto naif tutta questa sottintesa sorpresa mista a disgusto che accompagna la apparente ripresa della destra, dove per “destra” si intendono Salvini e il redivivo (anche perché mai veramente redimorto) Berlusconi, osservata nel primo turno delle elezioni amministrative. Dal mio canto, non capisco cosa ci si potesse aspettare di diverso. Per diversi tipi di ragioni. Vediamo meglio.

Come al solito, l’astensione è su livelli impensabili sono una quindicina di anni fa. Ora, sostanzialmente dal 1994 la vita politica italiana è stata incentrata su un solo personaggio, Silvio Berlusconi; nella sua ombra ha vivacchiato tutta una serie di personaggi minori, chi stando dalla sua parte chi fingendo di opporglisi. Dal 2013, un tizio di nome Matteo Renzi ci ha raccontato di averlo fatto fuori, mentre in realtà ci ha fatto un accordo, per cui Berlusconi, che, va ricordato, è ancora proprietario di reti televisive e giornali, ha sempre limitato gli attacchi e la delegittimazione nei suoi riguardi perché il principino del PD non sembrava intenzionato a creargli problemi. Nel frattempo, però, Renzi si è dimostrato, in tre lunghi anni, di una spocchia paragonabile a quella del predecessore e se possibile ancora più inetto ed incompetente. Lo stesso è successo col M5S (ometterò qui qualsiasi discorso, che pure sarebbe da fare, su come la stampa sia in grado di far sembrare ingigantite le pur colossali inettitudini di Raggi, Appendino, Di Maio e compagnia altezzosamente predicante).

Ora, sia il PD renziano che il M5S hanno sempre, con una certa pervicacia ed una spocchia degna di miglior causa, spiegato all’elettorato che loro non sono di sinistra, e che fanno bene a non esserlo: le ideologie sono morte, chi si ispira ad ideali marxisti o keynesiani è fuori dalla storia, e comunque le elezioni si vincono al centro, e magari pure a destra, viva la Clinton e abbasso Sanders (infatti poi abbiamo visto come ha vinto, la Clinton), viva Macron e abbasso Corbyn, viva il PSOE e abbasso Podemos. Da tempo c’è una gran corsa a conquistare l’elettorato cosiddetto “moderato”, che in realtà è una rissa per convincere chi è fondamentalmente di destra ma non lo ammette pubblicamente, ignorando completamente quello schierato ideologicamente a sinistra, perché tanto si dà per scontato che un partito che in pubblico polemizza coi deliri di Salvini catalizzi automaticamente la preferenza di chi si dichiara, ad esempio, antirazzista.

Il punto però è che a forza di governare con la destra, fare le moine alla destra, cercare di piacere alla destra e soprattutto assumere posizioni e varare provvedimenti palesemente di destra, come il Jobs Act ed il decreto Minniti, l’elettorato di sinistra stenta a vedere delle vere differenze tra Salvini e la Meloni da un lato e Renzi e Gentiloni dall’altro. Quindi, semplicemente, in assenza di alternative (che ci sarebbero, come Civati e Fratoianni, ma sui giornali e in televisione non devono comparire per quello che sono, altrimenti poi la truffa la capiscono tutti), le persone di sinistra smettono di andare a votare. Nel frattempo, a forza di dimostrarsi completamente inetti ed incapaci, va a finire che la destra i voti degli elettori di destra se li riprende.

Insomma, inettitudini di destra per inettitudini di destra, tanto vale votare direttamente, non tanto per l’inetto originario, quanto per quello che si dichiara apertamente di destra e, ad esempio, combatte l’aborto e le unioni omosessuali, invece di uno che non combina niente lo stesso, ma coccola, per convincere i sette elettori di sinistra rimastigli, un tipo di diritto civile incompatibile con le concezioni medievali dei conservatori italici.

Quindi, quelli di sinistra hanno capito l’inganno e smettono di votare, quelli di destra hanno capito che le alternative sono incapaci quanto Berlusconi se non peggio e tornano all’ovile: risultato, Berlusconi riguadagna quattro voti, l’astensione aumenta soprattutto tra gli ex elettori dei suoi cosiddetti avversari. I risultati mi sembrano sotto gli occhi di tutti.

Dal che la domanda: ma il PD e il M5S, fatti salvi i tifosi e le persone che fanno politica per interesse personale, esattamente chi li dovrebbe votare?

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Di sondaggi, voti, rinnovamento e cialtroni

22 lunedì Apr 2013

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia, Un mondo di cialtroni

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Berlusconi, Bersani, Bindi, Bruno Vespa, cambiamento, Centro-destra, Centro-sinistra, cialtroni, D'Alema, Debora Serracchiani, elezioni, Franceschini, Friuli, Friuli-Venezia Giulia, governo, katana, parlamento, PD, PdL, politica, Porta a porta, premier, presidente della Repubblica, primo ministro, ridicolo, riflessioni, rinnovamento, Rodotà, Serracchiani, votare, voto

Secondo un sondaggio, se si tornasse oggi a votare per il Parlamento vincerebbe il cosiddetto centro-destra. Questo di per sé è un dato privo di significato: il cosiddetto centro-sinistra, a livello nazionale, non esiste più. Il principale partito dello schieramento non ha una dirigenza, non ha un segretario e non ha una linea politica. Non che prima li avesse – tra cariatidi, mummie e vuoto pneumatico ideologico e politico (“la mia agenda? La stessa di Monti più qualcosa“, non appena trovo qualcuno che me la spiega vi dico anche cosa) non c’era davvero niente di tutto ciò. Ma oggi è anche peggio, perché cariatidi e mummie si trovano momentaneamente prive di senso con 30 centimetri di katana nel ventre e un eventuale sprovveduto che fosse ancora interessato a sostenerli invece di gettarli in una fossa comune possibilmente da un aeroplano in volo non saprebbe per cosa e per chi sta votando.

Però ieri si è anche votato in Friuli-Venezia Giulia, feudo della Lega, con un presidente uscente del PdL. Ecco, il cosiddetto centro-sinistra ha vinto le elezioni. Com’è possibile? Perché in Friuli-Venezia Giulia era molto chiaro per chi si votava, e indirettamente anche per che cosa. La candidata era Debora Serracchiani: ex parlamentare europea, 42 anni, nei giorni scorsi si è spesa affinché il PD votasse Rodotà Presidente della Repubblica ed evitasse l’inciucio con Berlusconi. E si è anche dichiarata incazzata col suo partito. Si può vincere contro chi è impresentabile e sa fare solo campagna elettorale: il problema è che bisogna volerlo, e comunque non ci vorrà tanto, ma qualcosa sì. Schierare un cadavere attorniato da salme decomposte, tra l’altro invise al proprio sempre più smilzo elettorato, non è proprio un’idea così brillante.

Ma non bisogna preoccuparsi. Adesso ci pensano Napolitano, Berlusconi, Vespa e qualche altro losco figuro ad estrarre le katane, legare delle corde agli arti di Bersani, D’Alema, Franceschini, Bindi (non a caso ospite della puntata di “Porta a porta” in cui il conduttore è in relax post-orgasmico per l’avvenuto inciucio con annessa risurrezione dell’ex Unto del Signore – il quale per le coccole gli ha mandato Lupi: non si fa!) e Dio solo sa chi altro, truccarli e rimetterli sul palco, ancorché morti, a fare la loro parte.

E via, verso nuovi ed inesplorati orizzonti del ridicolo!

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Fuochi artificiali all’italiana

06 sabato Apr 2013

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia, Porsi le grandi domande, Un mondo di cialtroni

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10 saggi, Beppe Grillo, Berlusconi, Bersani, Catalano, Centro-destra, Centro-sinistra, cialtroni, consultazioni, elezioni, establishment, fiducia, Firenze, Giorgio Napolitano, giornali, giornalismo, giornalisti, governo, Grillini, Grillo, José Mourinho, M5S, maggioranza, Massimo Catalano, Matteo Renzi, Mourinho, Napolitano, notizie, oligarchia, palazzo, parlamento, partiti, PD, PdL, Pierluigi Bersani, politica, premier, Presidente del Consiglio, presidente della Repubblica, Quirinale, Renzi, Silvio Berlusconi, sindaco, stallo, vaffanculo

Annosa questione: come si zittisce un cialtrone che cambia versione a seconda della convenienza? José Mourinho, uno che comunicativamente è parecchi piani più in alto di più o meno chiunque lo circondi, ce l’ha spiegato prima della partita di Champions League col Galatasaray di mercoledì scorso: rinfacciandogli pubblicamente le sue parole passate. Una persona normale potrebbe forse opinare che si tratti di una buona strategia, ma le persone normali non fanno i giornalisti: infatti, prescindendo per un momento dal fatto che serve anche una basilare dotazione di palle per sputtanare uno che gode di adeguata ancorché ingiustificata potenza mediatica, nessuno lo fa. Solo Mourinho.

In Italia sembra di essere al 4 di luglio nel Midwest americano: fuochi artificiali in ogni dove. Come sovente accade, inoltre, di interessante non c’è tanto il contenuto delle parole in libertà di chi decide incautamente di accendere qualche miccia per verificare se riesce a suicidarsi o solo a rendersi ridicolo, quanto il vuoto pneumatico delle reazioni di chi sarebbe deputato a confutare.

Beppe Grillo, dopo un mese in cui ha imposto a chiunque gli graviti attorno l’utilizzo del distributore automatico di vaffanculo, ha dichiarato che se il PD fa un accordo col PdL la gente prende i bastoni. A suo onore va detto che ha omesso di specificare contro chi. Perché a me viene in mente un tizio, e soprattutto un partito che a lui fa capo, che il PD ha cercato in tutti i modi, prostituzione compresa, di convincere a votare la fiducia ad un governo di centro-sinistra, ottenendo una serie di rifiuti variopinti e sovente molto eleganti. Come si chiama questo personaggio? Ah, sì: Beppe Grillo. Il quale sarà anche vittima della stampa di regime, ma non mi pare abbia dovuto rispondere a questo genere di obiezioni.

Nel frattempo Matteo Renzi si è travestito da Massimo Catalano. Prima ha osato ventilare che la grottesca vicenda dei 10 saggi è una perdita di tempo (e siccome ha toccato un nervo scoperto si è beccato una piccata replica del Quirinale incentrata sul concetto di “come ti permetti?”), anche se in realtà bisognerebbe verificare se invece non si tratti di un sistema per guadagnarlo, il tempo, e lavorare in pace per un accordo che risulterà vergognoso, ma benedetto dal Presidente della Repubblica; poi si è prodotto in una mirabile sintesi del cul-de-sac in cui si è cacciato Bersani assieme a tutto l’establishment del PD, incapace di proporre una scaletta di riforme efficaci e di serie alternative a quello che avrebbe fatto se avesse vinto le elezioni: visto che Grillo non sa più come dirlo che la fiducia al governo non la vota, o si considera Berlusconi un elemento con cui si può dialogare, e allora lo si faccia, o no, e allora si prenda atto dello stallo, si elegga il successore di Napolitano il più in fretta possibile e si torni a votare.

Le reazioni sono state le più disparate. L’aspetto interessante tuttavia è che ne manca una: riconoscere che Renzi ha ragione. Soprattutto perché non ha scoperto il bosone di Higgs, quanto un’evidenza inconfutabile. Invece no, Renzi è il solito venduto, un inciucione (ah, lui?), Renzi rema contro, Renzi deve stare al suo posto, Renzi è uno stronzo, Renzi non capisce niente di politica, Renzi vuole l’accordo col PdL. Quest’utlimo punto in particolare ha suscitato una reazione curiosa: il sindaco di Firenze è stato costretto a ribadire che lui vorrebbe tornare al voto, quello che vuole l’accordo col PdL è Bersani. Al che abbiamo scoperto che Bersani qualcosa la vuole: francamente, non me ne ero accorto. Renzi ha anche aggiunto che Berlusconi considererebbe D’Alema e Bersani interlocutori più affidabili di lui, perché li conosce e ci interagisce da anni. Anche questo è ovvio, ma affermarlo pubblicamente è un’altra faccenda.

Nel frattempo, il sindaco di Firenze ha messo on line la lista dei finanziatori della sua campagna elettorale, e sono saltati fuori, come è ovvio, i nomi di finanzieri e banchieri. È seguito un assalto alla diligenza, da parte di chi non solo non ha mai fatto lo stesso, ma rifiuta anche concettualmente di considerare un passo del genere, anche perché chissà cosa si scoprirebbe. Ora, Renzi sostiene da anni l’abolizione del finanziamento pubblico, l’aumento della trasparenza, la riduzione del numero di parlamentari, una revisione radicale del sistema delle diarie e finanche degli iter legislativi. Scimmiotta Grillo? Probabilmente sì, ma finché è in suo potere lavora anche in tal senso. Bersani è stato costretto, palesemente obtorto collo, a balbettare qualcosa su questi argomenti prima in campagna elettorale, per evitare (oltretutto fallendo miseramente) che Grillo gli rubasse troppi voti, poi, dopo le elezioni, per tentare di convincere il M5S a votargli la fiducia.

Segue domanda: chi è più credibile?

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Il paziente Italia

30 mercoledì Gen 2013

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia, Un mondo di cialtroni

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5 Stelle, Beppe Grillo, Berlusconi, Bersani, campagna elettorale, Centro-destra, Centro-sinistra, cialtroni, Destre, Di Pietro, Dr House, economia, economia politica, elezioni, Europa, Grillo, House dottor House, Ingroia, Keynes, keynesiani, M5S, Mario Monti, metafore, monetarismo, monetaristi, Monti, Movimento 5 stelle, parlamento, partiti, Partito Democratico, PD, PdL, politica, politica economica, programma, programma elettorale, SEL, Silvio Berlusconi, Sinistra, teoria economica, UE, Unione Europea, Vendola, votare, voti

In Italia c’è la campagna elettorale: questa non è una novità, in Italia c’è campagna elettorale 12 mesi l’anno, solo che in questo periodo è peggio perché si avvicinano le elezioni. Ora, l’Italia, economicamente parlando, è un paziente in terapia intensiva con una quantità enorme di sintomi contraddittori ed una varietà spaventosa di infezioni e malattie; verrebbe semplice asserire che anche il dottor House si darebbe malato per non tentare di analizzarne il quadro clinico, ma non è questo il punto. Il punto qui è quello che fa il corpo per combattere le infezioni.

In questa metafora, i vari schieramenti politici sono dei candidati ad assumere il controllo del cervello per decidere come combattere dall’interno la situazione. Sempre sperando che il dottor House si muova – solo che il dottor House è la UE, e allora stiamo freschi.

Assumiamo, mi rendo conto che non è facile, che Berlusconi non intenda tornare al governo per fini personali come, a mero titolo esemplificativo, evitare una ridicola condanna nel processo Ruby. Assumiamo anche che quello che dice sullo spread e sulla congiuntura economica sia qualcosa di più che mera propaganda e costituisca le basi di una sorta di ricetta che lui intenderebbe mettere in pratica una volta eletto. Come si chiama questo costrutto? Ah, sì, programma elettorale.

La ricetta di Berlusconi è semplice: da solo non posso fare niente, perché il corpo non è in grado di produrre gli anticorpi necessari, quindi quello che voglio fare è parlare col medico per convincerlo a cambiare la terapia. Ora, tutti conosciamo la cocciutaggine del dottor House – ecco, quella dell’Unione Europea è peggio. Quindi quello che propone Berlusconi sono interventi interni di tipo puramente palliativo – ad esempio pompare adrenalina per sentire meno dolore e sperare in una reazione su base interamente emotiva – e, in caso, probabilissimo, di fallimento, morire serenamente perché tanto non è colpa nostra. Aggiungiamo che quando Berlusconi assume il controllo del cervello il dottor House e il suo team si sganasciano dalle risate, e otteniamo il quadro desolante che si prospetta in caso di vittoria del PDL. Sono 20 anni che B. coccola il più primordiale degli istinti italici – quello di scaricare la responsabilità sugli altri. Adesso ha solo cambiato bersaglio.

Monti, al di là del populismo elettorale e delle minacce, propone – attenzione, ché non è male – di produrre meno anticorpi (sì, rappresentano la spesa pubblica). Siccome il corpo ne produce troppi e soprattutto li utilizza male, la sua proposta è ridurre drasticamente le difese immunitarie nella convinzione che questo porterà il corpo a reagire, per poi redistribuirle con una maggiore efficienza. Nella sua testa da indottrinato questo nel medio periodo garantisce un miglioramento strutturale. Il tutto mentre lui, con una credibilità davvero incomprensibile, comunica con fare rassicurante al dottor House che va tutto bene, che così si uscirà dalla crisi. Al di là di scontate considerazioni sull’inutilità di pensare al medio periodo se il corpo nel breve muore, indebolire il sistema immunitario in un corpo malato è uno sproposito sesquipedale da qualunque lato lo si guardi, perché il peggioramento che induce può concretamente essere strutturale e non contingente – quindi, di fatto, può peggiorare le cose in modo permanente – e soprattutto non si vede come poi il corpo dovrebbe reagire da solo. Per fortuna sua e sfortuna dell’Italia, tuttavia, nessuno all’interno dello schieramento che lo sostiene sa niente di economia politica né ha interesse ad affossarlo, quindi Monti passa anche per uno competente.

Il programma del PD non si capisce: stando alle tentennanti dichiarazioni di Bersani, l’agenda dei democratici sarebbe quella di Monti più qualcosa. Se quel “qualcosa” fosse ispirato ad un principio di sinistra, sarebbe un intervento contro-ciclico di stampo keynesiano (ad esempio un aumento della spesa pubblica), secondo un approccio che non è complementare alle misure monetariste di Monti, ma diametralmente opposto. Attendiamo fiduciosi che qualcuno si assuma la responsabilità di dichiarare qualcosa e scatenare la solita, stucchevole faida interna. Come si vede, non solo il paziente ha problemi di personalità multiple: una delle sue personalità è a sua volta multipla.

Vendola, al netto di grossi limiti sui metodi e al di là di criticità in altri campi, tira come può perché il qualcosa in più rispetto all’agenda Monti sia appunto una politica espansiva (da vedere fatta come e a vantaggio di chi, poi), e spera che Bersani non dia seguito alla minaccia di allearsi con il “professore”, perché altrimenti il “più qualcosa” diventa molto facilmente il solito dolorosissimo esame rettale. Difficile nel complesso ignorare la sensazione che il centro-sinistra non sappia bene di cosa parli.

Ingroia e Di Pietro – al di là di questioni di correttezza istituzionale, legittime, ma che caso strano vengono sollevate solo quando si parla del magistrato siciliano – hanno una teoria singolare, che ha tuttavia il merito di essere una teoria: la condizione primaria del morituro è una malattia auto-immune (che, son tutti d’accordo, fa effettivamentre parte del problema, tutti promettono di affrontarla, poi nessuno lo fa mai), in cui il corpo attacca sé stesso con criminalità organizzata, sprechi ed evasione fiscale. Va da sé che sconfiggere la malattia auto-immune comporterebbe un miglioramento significativo, ma i punti critici sono due: primo, combattendo una malattia auto-immune dall’interno il corpo si ribella ed impedisce che la battaglia abbia successo; secondo, la malattia auto-immune può anche essere il problema principale, ma combattere una battaglia difficilissima senza dedicare troppa attenzione agli altri problemi rischia di paralizzare la situazione.

Quello che vuole fare Grillo si capisce ancora meno del PD: in linea di massima è d’accordo con Ingroia e Di Pietro sulla causa auto-immune, solo che lui vuole azzerare tutto, compreso l’intero sistema immunitario, cosa che magari non è sbagliata ideologicamente, ma in pratica ha un costo potenzialmente insostenibile – basta un raffreddore e si finisce al Creatore. Grillo sostiene che il corpo, così com’è, è troppo danneggiato dalla malattia per poter essere guarito senza compiere interventi molto radicali, solo che schifa qualunque coordinamento, dall’interno e dall’esterno, per migliorare la situazione: una sindrome da padreterno che abbiamo già visto, così come abbiamo già visto la teoria che è sempre colpa degli altri: che ce l’hanno pure, non fraintendiamo, ma questo non elimina i problemi. Inoltre, il M5S propugna una serie di ricette economiche per lo più confuse – alcune di stampo monetarista, altre apertamente in polemica col monetarismo – ed una serie di interventi in altri ambiti – mobilità, energia, tecnologie – che non danno nessuna garanzia di successo.

E quindi? E quindi, boh?!?

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