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~ "Non ci sono tante pietre al mondo!"

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Stipendio

08 lunedì Gen 2018

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Fingersi esperti di letteratura, Un mondo di cialtroni

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Amazon, anni 30, antifascismo, Bassani, Bezos, catalanata, cialtroni, classici del 900, diritti, diritti dei lavoratori, diritti del lavoro, Farinetti, fascismo, Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, JEff Bezos, lavoratori, lavoro, letteratura, Micòl, Micòl Finzi-Contini, Oscar Farinetti, politica, precariato, precarietà, Sinistra

“Lo stipendio compra il lavoro, non la persona che lo svolge”.

Questa frase è contenuta in un romanzo italiano scritto alla fine degli anni Cinquanta ed ambientato per la maggior parte nella seconda metà degli anni Trenta. Non è una sentenza emessa dal narratore, bensì parte di un dialogo tra i protagonisti dell’opera, dei ragazzi attorno ai 25 anni di elevata istruzione (tre su quattro sono laureati, il quarto è fermo alla tesi) e discreto benessere. All’interno della conversazione, la frase non è pronunciata dal personaggio politicamente più attivo dei quattro, un comunista dichiarato, nonché l’unico non ebreo, e come tale l’unico non direttamente vittima dei provvedimenti discriminatori del fascismo, ma dalla figlia minore di una famiglia ricca – una famiglia che, contrariamente ad altre, anche prima delle discriminazioni aveva sempre mostrato ostilità nei confronti di Mussolini ed ostentato un atteggiamento progressista, ma pur sempre lontano dall’antifascismo da barricate e dalle istanze della classe operaia.

Oggi, nel 2018, nella società in cui un’azienda verifica il comportamento di un candidato sui social media prima di sottoporlo ad un colloquio di lavoro senza che nessuno lo consideri inappropriato, nel mondo in cui si può essere multati o licenziati per un commento imprudente nei confronti del capo o della compagnia per cui si lavora, in Italia, con la benedizione di un governo guidato da un partito che si dice di sinistra ed ha avallato il licenziamento arbitrario, la medesima frase sarebbe probabilmente vista come estremista, proveniente da quella sinistra che vuole regalare il paese alle destre ed ostacola il grande rinnovamento portato avanti da chi vuole rendere precaria la società in tutti i suoi aspetti ed immagina un mondo in cui siano tutti clienti felici di Amazon e Booking – a proposito di chi fa maliziosamente confusione tra ciò che le persone, non solo i dipendenti, fanno, ciò che hanno e ciò che sono.

Insomma, lavori al Centro di Incubazione e di Condizionamento: ringrazia che un lavoro ce l’hai e tieni un comportamento appropriato alla tua posizione anche fuori dall’ufficio!

Ecco, in una sessantina d’anni siamo passati dal considerare una sostanziale catalanata, fatta dire da Giorgio Bassani al personaggio complessivamente più equilibrato del suo libro più famoso, un’opinione bizzarra, anacronistica e, diciamocelo, un po’ anti-sistema. In una sessantina d’anni siamo arrivati a considerare un’estremista dei diritti dei lavoratori una come Micòl Finzi-Contini.

Con i sentiti complimenti dei grandi capitani d’industria contemporanei, da Jeff Bezos ad Oscar Farinetti.

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Diritti civili e diritti civili di parte

24 martedì Gen 2017

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera

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Adinolfi, diritti, diritti civili, diritti degli omosessuali, diritti umani, discriminazione, discriminazioni, disuguaglianza, donna, equità, fascismo, femminismo, femministe, immigrati, LGBT, libertà, libertà civili, matrimonio egualitario, omosessuali, parità, parità di genere, PD, politica, razzismo, Salvini, sorveglianza di massa, Stati Uniti, uguaglianza

Un sottile brivido lungo la schiena mi coglie ogni volta che sento personaggi di varia natura ed estrazione parlare di diritti civili di qualcuno. Diritti civili degli omosessuali, dei neri, dei musulmani, delle donne, degli immigrati, degli italiani e via discorrendo. In discreta parte dei casi, chi li menziona è in buona se non ottima fede e certamente animato da buoni se non ottimi propositi, ma purtroppo in questo caso la forma è importante e qualcuno mi dovrebbe ricordare com’è fatta la strada che porta all’inferno.

I diritti civili non sono un costrutto di parte: sono un concetto universale. Essere favorevole ai diritti civili vuol dire essere favorevole ai diritti civili di tutti e, se da un lato è ovviamente necessario battersi perché determinati gruppi di persone abbiano accesso ad alcuni diritti inalienabili, dall’altro non bisogna mai, mai, mai dimenticare il quadro d’insieme. Perché il problema non sono i diritti delle donne o dei gay, il problema è che a donne e gay siano garantiti pari diritti, ma parimenti che questi diritti comprendano tutte le necessarie libertà civili.

Altrimenti si finisce come la pletora di esaltati del PD, che con la mano destra, in parte giustamente, festeggia l’introduzione delle unioni civili tra omosessuali, mentre con la sinistra priva i lavoratori del diritto a non essere licenziati per giusta causa o ad un salario dignitoso. Oppure si finisce come Barack Obama, che pubblicamente festeggia la decisione della Corte Suprema di imporre il matrimonio egualitario in tutti gli Stati Uniti, ma da dentro la Casa Bianca aumenta la sorveglianza di massa, avalla le torture di Guantanamo e autorizza droni a compiere omicidi mirati in giro per il mondo – e se sono un omosessuale afghano brutalizzato nella base cubana per semplici dicerie, l’idea che se fossi in Alabama potrei sposare un uomo è davvero consolante.

Nessuno che si proponga di limitare le libertà civili della popolazione, o di una parte di essa, può dirsi un sostenitore dei diritti civili. L’alternativa è che tutti lo siano. E ci sono due tipi di persone che si battono per i diritti civili di parte: gli ipocriti e gli opportunisti. Io non vorrei mai, ad una manifestazione contro la violenza sulle donne, una persona che avalla la violenza in altre forme, tipo quella delle forze dell’ordine, che inevitabilmente finirà per coinvolgere anche le donne; non vorrei mai, ad una manifestazione per l’accesso dei gay ai diritti civili, una persona che vuole limitare i diritti civili dell’intera popolazione, limitazione che finirà per abbattersi anche sui gay.

La libertà di manifestare senza essere pestati dalle forze dell’ordine e l’accesso ad un salario dignitoso non sono privilegi: sono anch’essi diritti civili. Una donna che viene malmenata durante una carica della polizia invece che dal compagno e guadagna 300 euro al mese come il collega maschio può essere contenta di non essere vittima di violenza e disparità di genere, ma alla fine della storia è sempre in ospedale e sotto il salario di sussistenza, e sempre a causa della privazione delle libertà civili; forse vive in un mondo dove c’è meno disuguaglianza, sicuramente non vive in un mondo più equo, ancora più sicuramente vive in un mondo in cui i suoi diritti civili in quanto essere umano vengono calpestati. L’emancipazione della donna non potrà mai passare per la riduzione dei diritti civili degli esseri umani nel loro complesso, chi crede una cosa del genere sta semplicemente dall’altra parte della barricata.

L’idea che i diritti civili di una parte debbano andare a discapito di quelli di un’altra e l’idea che il riconoscimento dei diritti civili ad un settore della popolazione abbia un costo in termini collettivi sono la base del fascismo e del razzismo. Insisto: tantissime persone che si battono per i diritti civili di questo o quel gruppo sono in buona se non ottima fede. Purtroppo però altrettante non lo sono: per questo le parole sono importanti.

Ci si batte per i diritti civili in quanto tali. Punto. Magari un’istanza alla volta, ma non bisogna mai confondere l’istanza momentanea con l’obiettivo di fondo.

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La triste parabola

13 venerdì Gen 2017

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Un mondo di cialtroni

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carta stampata, cialtroni, diritti, editoria, fallimento, giornalismo, giornalisti, governo, Gramsci, informazione, L'Unità, mainstream, Nicodemo, PD, politica, potere, Renzi, Rondolino, Sergio Staino, servilismo, social media, Staino, stampa, televisione

La notizia in questi giorni è che L’Unità è di nuovo in gravissime difficoltà economiche e non sta uscendo nelle edicole. Visti l’atteggiamento ed i contenuti, trovarlo sorprendente è come minimo fuori luogo. Un buon esempio della situazione si è avuto durante la campagna referendaria, quando i sostenitori del Sì erano in televisione ad insultare gli avversari praticamente di continuo e spadroneggiavano sui social media, per cui un giornale che faceva esattamente la stessa cosa, con gli stessi argomenti, un’arroganza se possibile ancora maggiore ed un atteggiamento servile nei confronti di chi occupava materialmente la comunicazione mainstream insopportabile, era ad essere gentili superfluo.

Infatti L’Unità non vende. Ora, ci si potrebbe soffermare sulla triste parabola del giornale fondato da Antonio Gramsci, per decenni quotidiano del principale partito di opposizione, fieramente comunista, trasformato in un organo di stampa del principale partito di governo, atto a magnificare provvedimenti che tolgono diritti ai lavoratori tipo il Jobs Act. Oppure si potrebbe impostare un discorso sull’altrettanto mesta, e sostanzialmente parallela, parabola di Sergio Staino, che ora, dopo aver condotto il quotidiano sotto terra con una direzione squallida ed adulatoria, va dal capo a chiedere l’elemosina.

Ma parliamo d’altro. Io personalmente non verserò una lacrima per l’eventuale chiusura di L’Unità e sono fortemente contrario a qualunque operazione di salvataggio, in particolare a quelle con ipotetici soldi pubblici. Il motivo pratico è che L’Unità è un giornale di partito, un partito tutt’altro che povero, se gli iscritti vogliono avere un megafono se lo paghino e, se non se lo possono permettere, si arrangino. E poi c’è un motivo teorico.

La libertà di pensiero è un diritto inalienabile. La libertà di espressione, all’interno del vincolo della responsabilità personale di fronte alla legge ed alla Costituzione antifascista, altrettanto. Avere un pulpito invece è un privilegio e, sinceramente, non sono per niente favorevole a concederlo a servi, valletti e lacché del potere, né a squadristi fascistoidi stile Rondolino e Nicodemo, che invocano il pestaggio dei manifestanti contro il governo, mentre i loro padroncini li spogliano di diritti fondamentali e a loro volta li insultano e li sbeffeggiano. E certamente non voglio contribuire a concederlo loro con i miei soldi.

Un giornale del genere certamente non è di pubblico interesse. Non ha nemmeno mercato, come chiunque sarebbe in grado di capire a maggior ragione nel momento in cui l’oratoria del capo è palesemente ed apertamente rivolta al fantomatico “uomo della strada”, che in Italia i quotidiani non li ha mai letti, ed è ripetuta urbi et orbi dalla gran parte dell’informazione televisiva. Se chi lo dirige non è in grado di, o più realisticamente non ha il coraggio per e non è autorizzato a, prendere una direzione diversa per rimanere in piedi e preferisce continuare a sdraiarsi di fronte all’editore sperando poi che questi lo finanzi indefinitamente, può tranquillamente finire a zampe all’aria senza che se ne senta la mancanza.

Questa storia per cui qualsiasi foglio di carta stampata è di per sé un arricchimento deve finire. Anzi, ce ne sono alcuni di cui è meglio liberarsi il prima possibile.

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Meglio che faccia la mamma

15 martedì Mar 2016

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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Adinolfi, business model, catalanata, Catalano, Centro-destra, cialtroni, condizione delle donne, ddl Cirinnà, destra, diritti, diritti civili, diritti degli omosessuali, donna, donne, elezioni, famiglia, Family Day, Giorgia Meloni, informazione, madri, mamme, maternità, Meloni, omofobi, omofobia, politica, Roma

Fatemi capire meglio questa storia.

Mentre si discuteva la legge sulle unioni civili, in particolare per le coppie omosessuali, con opportunità di adozione del figlio del partner, i gruppi che si battono per discriminare le persone sulla base del loro orientamento sessuale hanno imperversato dappertutto. Siccome, salvo qualche eccezione, non avevano il coraggio di presentarsi apertamente come omofobi e di convocare una manifestazione dichiaratamente contro le unioni omosessuali, hanno tentato di mascherare la loro omofobia da difesa dei bambini, delle tradizioni e dell’impianto di società basato sulla famiglia intesa come padre, madre e figli, ed hanno quindi almeno superficialmente evitato l’obiezione ponendosi su una linea a favore di qualcosa – ancorché di un concetto conservatore, retrogrado e passatista.

C’è stato dunque il Family Day. Sul palco abbiamo apprezzato personaggi di vari livelli di squallore sdottorare sull’inferiorità e sulla necessità di sottomissione della donna, sui fini meramente riproduttivi del matrimonio, sulla necessità di fare sesso solo per fare figli, per giustificare l’opinione che qualunque altra formazione sociale non è una famiglia e dunque non può ad essa essere paragonata, si può accontentare di un riconoscimento di serie B e deve anche ringraziare. In occasione di quest’ignobile carnevalata, la destra è ovviamente accorsa in massa; in particolare, una personalità politica di second’ordine ma fortemente convinta di essere una grande statista, Giorgia Meloni, ha pensato bene di annunciare al mondo di essere incinta.

Ora, non essendo la Meloni sposata ed avendo dato notizia della gravidanza al Family Day, nei giorni successivi è stata oggetto di ironie di ogni sorta, che organi di stampa compiacenti e una manica di cialtroni persuasi di essere dei paladini dei diritti delle donne hanno classificato come sessisti. Adesso, circa un mese e mezzo dopo, mentre a Roma il cosiddetto centro-destra è alla canna del gas e si sta scannando su un possibile candidato al ruolo di sindaco, la Meloni ha avanzato la propria candidatura. Prontamente i suoi alleati le hanno replicato che, ora che è incinta, è il caso che pensi a fare la mamma. Giorgia Meloni ha risposto stizzita che una donna può fare entrambe le cose, ma la destra nel suo insieme ha ribadito impassibile: meglio che faccia la mamma.

Ora, è assolutamente ovvio che un discorso di questo tipo è scandalosamente sessista. Quello che mi chiedo è cosa facesse Giorgia Meloni quando, al Family Day a cui lei si trovava, veniva incensato il modello di famiglia in cui la donna sta a casa con i figli e si prende cura del marito. Quando l’Italia che una settimana prima aveva partecipato al flash-mob a favore delle unioni civili sosteneva che il Family Day proponeva una visione medievale della società, Giorgia Meloni era troppo impegnata ad attaccare i bambini con due papà per accorgersi di essersi alleata con sciovinisti che la vorrebbero a casa a fare la calzetta. Qualcuno ha provato a farglielo notare, ma lei ha preferito continuare con slogan ed insulti, se ben ricordo.

Arrivo dunque finalmente ad enunciare quello che non ho capito, quello che vorrei qualcuno mi aiutasse a comprendere. La mia domanda è: Giorgia Meloni, dopo aver passato mesi a tuonare contro i diritti civili, contro una visione della vita diversa dalla sua, contro situazioni familiari irrilevanti perché riguardanti un numero di casi infinitesimo, che cazzo vuole di preciso?

In realtà poi di dubbio ne ho un altro: Giorgia Meloni fa il possibile per sbandierare che la sua gente è quella secondo la quale il modello ideale di famiglia è composto da un uomo e una donna sposati in chiesa, con la moglie sottomessa al marito. Lei è incinta e non è sposata, e da incinta vorrebbe fare carriera. Perché la sua gente dovrebbe votarla? E quindi, perché si vuole candidare?

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Numeri e diritti civili

25 lunedì Gen 2016

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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Adinolfi, cialtroni, Circo Massimo, Cirinnà, ddl Cirinnà, democrazia, diritti, discriminazioni, Family Day, flash mob, gay, LGBT, libertà, manifestazioni, Mario Adinolfi, matrimonio omosessuale, numeri, omofobi, omofobia, Pantheon, piazza della Rotonda, razzismo, stepchild adoption, Sveglia Italia, unioni civili

Sabato sono stato allo “Sveglia Italia”, in piazza della Rotonda a Roma. Essendo arrivato ad evento iniziato, non sono fisicamente entrato nella piazza, che era piena: mi sono messo all’incrocio con via della Minerva, sono salito sul muretto che protegge l’area del Pantheon e mi sono goduto da lì il flash mob, accanto a persone sempre diverse che salivano, guardavano, facevano un paio di foto col cellulare e poi andavano via, chi per entrare nel cuore della manifestazione chi rimanendo nelle vicinanze, chi andando via.

Vista da una posizione soprelevata, la piazza sembrava gremita. C’era anche gente arrampicata sulla fontana al centro e sotto il colonnato. Era evidente che ha continuato ad arrivare gente per tutta la durata dell’evento, riversandosi nella piazza ed a volte rimanendo bloccata negli ultimi metri dei vicoli di ingresso – soprattutto via degli Orfani e via Giustiniani.

Sveglia ItaliaTornato a casa mi sono andato a fare due conti. La superficie calpestabile della piazza (esclusi i gazebo dei bar) è di circa 2600 metri quadri, a cui ne vanno sottratti come minimo 150 tra la fontana, il palco e la zona occupata dalla polizia, ed aggiunti circa 300 tra il colonnato e le altre zone immediatamente adiacenti. Ad una densità media di 2 persone per metro quadro, fanno circa 5500 presenti, più quelle nelle strade che non ho modo di quantificare davvero. Considerato anche che non tutti hanno assistito all’intero flash mob, direi che la stima di 9000 partecipanti che gira da sabato sera è tutto sommato credibile. Forse qualcuno in più.

Gli organizzatori hanno parlato di un milione di manifestanti complessivi sulle 100 piazze. Secondo me questa è una stima sopravvalutata: trovo più realistico un valore attorno ai 500000 (5000 persone a piazza), comunque un successo, considerata la rapidità dell’organizzazione e la promozione basata essenzialmente su passaparola e social media. Le associazioni omofobe ed i loro principali rappresentanti hanno invece dato tutt’altro genere di numeri, sostenendo che al Pantheon non ci sarebbero nemmeno entrate 1000 persone – un’affluenza che prevede la presenza di una persona ogni 2,8 metri quadri, forse Adinolfi parla di persone col suo medesimo giro vita: in un normale sabato mattina di bel tempo a piazza della Rotonda ci sono più di 500 persone.

Circo MassimoFaccio notare che l’area calpestabile del Circo Massimo, dove sabato si terrà il Family Day, misura (includendo via dei Cerchi e via del Circo Massimo ed escludendo la zona sud-est, a quel che mi risulta chiusa) circa 83000 metri quadri, compresi muretti, alberi e zone sconnesse. Le associazioni omofobe organizzatrici parlano già oggi di un milione di partecipanti, il che significa una densità media di oltre 12 persone a metro quadro. Contando 2 persone a metro quadro, la capienza dell’intera area è di circa 170000 persone; quindi, considerati i ricambi, si parla di non oltre 300000 presenti. Alle densità suggerite da Adinolfi, 3 metri quadri a persona, significa meno di 30000 persone. Altro che un milione.

Detto tutto questo per fare un po’ di chiarezza sui numeri e sulle balle, a volte diffamatorie, che vengono sparate dappertutto, la domanda è molto semplice: i diritti civili si basano su chi ce l’ha più grosso?

Se le leggi si fanno non sulla base delle tutele e della giustizia sociale, ma di chi porta più persone in piazza, allora perché si è parlato a lungo di diritti dei neri negli Stati Uniti? Perché oggi si parla di quelli delle minoranze religiose cristiane, per non parlare degli atei, nei paesi a forte maggioranza musulmana? Se si radunano sono quattro gatti, meno dei razzisti o dei fondamentalisti dell’altra sponda, devono stare zitti e subire. Se l’accesso ai diritti è determinato solo dai gruppi numericamente maggioritari, perché ci si preoccupa dei mancini, degli invalidi o dei biondi con gli occhi chiari? Sono pochi, possono essere discriminati. Certo, nessuno vuole impedire loro di essere quello che sono (forse), finché se ne stanno rintanati come topi e accettano in silenzio la loro condizione di inferiori.

O forse la democrazia e la libertà sono qualcosa di leggermente diverso?

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Massimo Catalano e la stepchild adoption

07 giovedì Gen 2016

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Un mondo di cialtroni

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adozione, bambini, catalanata, Catalano, cialtroni, Cirinnà, ddl Cirinnà, diritti, diritti civili, diritti umani, famiglia, famiglia omogenitoriale, figli, gay, Italia, LGBT, Massimo Catalano, omofobia, omosessuali, omosessualità, ovvietà, ovvio, riproduzione, sentinelle in piedi, stepchild adoption, unioni civili

A proposito delle risse da saloon che imperversano ovunque sulla proposta di legge sulle unioni civili, l’oramai famoso e famigerato DDL Cirinnà, con specifica attenzione ai capitoli relativi alla stepchild adoption, c’è una cosa che non ho capito: l’argomento in discussione.

Siccome ho il fondato sospetto che una delle parti in causa non sappia di cosa si parli, partiamo dalla solita catalanata: una coppia di omosessuali, in quanto tale, non può avere figli. Questo nessuno lo nega. Ora, se, come ripetono certi individui ossessionati, la formazione di un nucleo familiare umano ha come unico scopo la riproduzione, allora la Chiesa cattolica e lo Stato italiano dovrebbero rifiutarsi di sposare anche persone sterili e donne in menopausa. È una catalanata anche questa, ma dalle nostre parti talvolta le catalanate sono rivoluzionarie.

Tuttavia, e continuiamo con l’ovvio, una persona omosessuale può avere figli: un gay non è sterile. Esattamente come alle persone eterosessuali, agli omosessuali può capitare di ritrovarsi soli con un figlio a carico. Ora, in questa situazione, e l’ovvio regna sempre sovrano, è evidente che finché non intervengono cambiamenti il bambino cresce con una sola persona che si occupa di lui, affettivamente come economicamente, il che può non essere facile. A quello che ho capito, però. nessuno propone di intervenire e strappare il bambino al genitore biologico.

Ora, poniamo che il genitore single decida di condividere la vita con una persona del sesso opposto: i due si sposano, il partner adotta il bambino e non c’è problema. Poniamo invece che il genitore single inizi una relazione con una persona del suo stesso sesso. Qui evidentemente il problema c’è, e non si capisce quale sia la soluzione proposta da chi è contrario alla stepchild adoption. A termini di legge, il nuovo convivente non solo non è obbligato a farsi carico del mantenimento del bambino, ma non può nemmeno decidere autonomamente di costringersi a farlo adottandolo. Secondo chi si oppone all’adozione del figlio del partner, se un genitore single va a convivere con una persona del suo stesso sesso dev’essere vincolato a rimanere l’unico responsabile di suo figlio. Nel caso in cui la coppia si separi, l’ex compagno del genitore (nuovamente) single non è tenuto a versare nemmeno un euro di alimenti. Alla faccia degli interessi del minore.

Poniamo poi il caso in cui il genitore naturale del bambino muoia. Questo bambino è cresciuto, magari per anni, in compagnia e protetto dall’affetto di una persona che non ha nessun vincolo di parentela con lui, ma secondo la legge è a tutti gli effetti solo al mondo. Di conseguenza, deve essere tolto ad una persona che lo ha cresciuto, che lo conosce e del quale lui si fida, ed essere dato in affidamento o in adozione, potenzialmente a persone che non ha mai visto. Sempre alla faccia dei suoi interessi.

Quindi, qual è esattamente il punto della discussione? Omofobi, integralisti cattolici, baciapile ed altre classi di ipocriti non vogliono che un bambino cresca in una famiglia omogenitoriale. Se il punto è tutto qui, la discussione non inizia nemmeno, perché non si può imporre ad un genitore di non morire né all’altro di andare a convivere con una persona dell’altro sesso dopo due giorni. Può farsi aiutare da un parente o da un amico, che magari è del suo stesso sesso. Cosa propongono davvero questi signori? Sterilizzare gli omosessuali? Togliere loro i figli alla nascita? Togliere preventivamente i figli a tutti i genitori single per darli a coppie sposate? Togliere i figli a chi va a convivere con una persona dello stesso sesso anche se è un parente o un amico, per darli a coppie sposate? Obbligare chi ha figli ad iniziare solo relazioni eterosessuali? Obbligarlo ad iniziare coabitazioni solo con una sola persona dell’altro sesso? Lasciare tutto com’è in modo che ci sia un mare di casi non normati in cui ci si basa sul buonsenso o sull’umore del giudice? E come pretendono che l’indeterminatezza vada a vantaggio del bambino?

Queste persone cosa vogliono fare veramente?

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Astrumonio

15 martedì Dic 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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Assange, baciapile, cialtroni, Corte Costituzionale, costituzione, Dementia, diritti, diritti civili, discriminazione, Europa, fantasia, gay, Italia, LGBT, libertà, libertà civili, matrimonio, matrimonio omosessuale, mondo, razzismo, religione, schifo, Snowden, unioni civili

Dementia è un luogo strano. Un paese dove ogni aspetto della vita quotidiana, dal lavoro ai trasporti, dalle tasse alle esternazioni dei legislatori, dall’informazione alla giustizia, assume contorni grotteschi e cialtroni, uno stato che riesce a distinguersi in peggio praticamente in tutto. Niente a che vedere con l’Italia, quindi. Un aspetto particolarmente delicato a Dementia sono le libertà civili, figuriamoci che fino a poco tempo fa non era possibile il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Tuttavia, persino a Dementia ogni tanto qualcosa si muove. Recentemente infatti fu introdotto un nuovo tipo di unione civile, atto a regolarizzare le coppie gay. Siccome a Dementia il matrimonio è un’istituzione intoccabile nei suoi principi cattolici (uno potrebbe pensare che in quello strano paese il cattolicesimo sia la religione di stato, ma sorprendentemente non è così, c’è solo un sacco di amministratori ipocriti e baciapile), fu varata proprio una nuova forma contrattuale, specificatamente per i gay, l’astrumonio. Gli eterosessuali contraevano matrimonio, gli omosessiali astrumonio; un uomo e una donna si sposavano, due uomini o due donne si strumavano.

Una coppia di lesbiche che conosco a Dementia, Contessa e Luchessa, decise immediatamente di regolarizzare il rapporto che le legava, dopotutto convivevano felicemente da anni: le due contrassero astrumonio davanti a Livornolio, sindaco della loro città. Una coppia etero di loro amici, Francesco e Massimiliana, che a loro volta convivevano da anni – stavano addirittura comprando casa assieme – ma non avevano per il momento intenzione di sposarsi, si chiese per quale motivo non potesse contrarre astrumonio a sua volta: dopotutto l’articolo 3 della Costuzione di Dementia recita che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge – proprio come in Italia, dove tuttavia questo articolo ha un valore quasi sacro, non di ostacolo al razzismo di stato, e nessuno si sognerebbe di disattenderlo. I due fecero allora ricorso allo stato Demente per discriminazione e la Corte Costituzionale diede loro ragione: se una coppia omosessuale può contrarre astrumonio, allora, in virtù del principio di uguaglianza, anche una coppia eterosessuale può farlo.

Contessa e Luchessa, saputo della sentenza, partirono alla carica: fecero a loro volta causa allo stato Demente sostenendo che, se questo riconosceva ufficialmente la loro unione, consentiva loro di strumarsi e permetteva, in ottemperanza all’articolo 3 della Costituzione, anche agli eterosessuali di sfruttare la medesima forma contrattuale per regolarizzare il loro rapporto, allora, per lo stesso ragionamento impedire ad una coppia di gay di contrarre matrimonio era a sua volta discriminatorio. La Corte Costituzionale di Dementia, un’istituzione impegnata a fare quel che può per arginare il mare di idiozie e scempiaggini prodotte da Governo e Parlamento dementi, in assoluto le due entità più incompetenti di uno stato ridicolo (non come in Italia, dove il potere legislativo e quello esecutivo sono esercitati da persone onorate e competenti con sacro rispetto della Costituzione e della dignità umana dei cittadini), diede loro ragione. Fu così, mediante una procedura barocca e arzigogolata, che Dementia raggiunse il mondo civile in termini di diritti delle persone omosessuali – d’altra parte la soluzione semplice e diretta non risiede a Dementia. Molto restava da fare, in tanti altri ambiti, ma un passo fondamentale era stato compiuto.

Ovviamente si tratta di una storia di fantasia. A Dementia quasi nessuno pensa seriamente di introdurre l’astrumonio, né nessuna altra forma di unione per gli omosessuali, perché gli amministratori dementi, e pure cialtroni già che ci siamo, sanno benissimo dove va a parare un discorso del genere, e nessuno vuole indisporre le gerarchie ecclesiastiche – anzi, c’è chi pensa di organizzare corsi di preghiera per guarire i gay. Mica come in Italia, dove le libertà civili rivestono un ruolo importantissimo per tutti (l’Italia d’altra parte è stata la prima ad offrire asilo politico ad Assange e Snowden, al contrario dei paesi europei che hanno addirittura chiuso lo spazio aereo per costringere ad atterrare un volo che si sospettava trasportasse il whistleblower della NSA), e nessuno si sogna di rompere le palle agli altri su argomenti privati come il sesso della persona con cui hanno scelto di condividere la vita.

Che dire? Meno male che viviamo in Italia!

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Il fuoco amico

26 giovedì Nov 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Un mondo di cialtroni

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Adinolfi, Califfato, Daish, diritti, diritti civili, divertimento, Europa, fondamentalismo, Fondmentalisti, Francia, Gasparri, guerra, integralismo, ISIS, libertà, libertà civili, libertà d'espressione, Medici Senza Frontiere, Medio Oriente, MSF, Occidente, Parigi, Parigi sotto attacco, potere, rock, Salvini, Siria, terrorismo, terroristi, Valeria Solesin, vita

A proposito del cosiddetto Califfato, o ISIS, o Daesh come, ho recentemente scoperto, viene chiamato da chi non vuole dargli il credito che richiede, scrissi che era il risultato di tanti fattori, non ultimo l’aver affrontato situazioni problematiche in tutto il Medio Oriente armando per quasi 40 anni il meno peggio del momento, intendendo per “meno peggio” quello che rappresentava la soluzione contingente più vantaggiosa – quindi di fatto quello che era più abile a trattare e vendeva meglio il petrolio – senza mai avere un’idea di lungo periodo che non fosse vendere armi.

Il Daesh, o ISIS, sa benissimo che nel mondo ci sono due situazioni che vuole affrontare: una è un’emergenza, l’altra, forse, un problema di lungo termine. L’emergenza è il fatto che al mondo esiste gente che vorrebbe vivere la vita secondo le proprie regole: persone che vogliono divertirsi, bere, mangiare, ascoltare musica, innamorarsi e litigare, persone favorevoli alla laicità, all’uguaglianza, alle libertà civili, ai diritti umani, al dialogo ed alla convivenza pacifica, e questo, per chi vuole imporre le proprie convinzioni con la forza, è inaccettabile. Dal punto di vista di un stronzo armato fino ai denti e travestito da fondamentalista religioso, poi, il fatto che ci siano persone che, pur combattendo la stessa emergenza, sono spinte da motivazioni differenti, è un problema: le loro ragioni sono sbagliate.

Il Daesh, assieme a tutti i cosiddetti fondamentalisti islamici, si applica dunque per combattere prima di tutto l’emergenza. A livello globale, i terroristi che sostengono di agire in nome di Allah scatenano la violenza nei luoghi di ritrovo delle persone normali, dal mercato al ristorante passando per la sala da concerti nel centro di Parigi. Ce l’hanno con la libera informazione e con la satira, ce l’hanno con le organizzazioni umanitarie, ce l’hanno con chi vive la sua vita secondo ideali di libertà. Contro gli stessi principi, in Occidente agiscono altri tipi di fondamentalisti, uno potrebbe dire cattolici ma c’è anche molto altro: fanno la guerra ai diritti civili (come la privacy ed i matrimoni omosessuali), combattono la libertà di espressione (parlando di vilipendio e blasfemia), attaccano le organizzazioni umanitarie (come Emergency e Medici Senza Frontiere), osteggiano le libertà sessuali (considerando i sex workers esseri umani inferiori e vietando l’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola), squalificano le fonti di passione e divertimento (come rock, fumetti, letteratura fantasy) ed in generale trattano con estremo sospetto chi ha una sua scala di valori e vive la sua vita di conseguenza – è di questi giorni, tra l’altro, l’insistente e vergognosa questione intorno al fatto che la povera Valeria Solesin fosse o meno battezzata.

Eccolo, dunque, il vero nemico dell’integralismo: Valeria Solesin, uccisa da fondamentalisti che sostengono di parlare in nome di Allah mentre viveva la sua vita ed insultata da fondamentalisti che sostengono di parlare in nome di Dio mentre i suoi cari la piangono. È lei l’avversario, il vero pericolo, e come lei tutti quelli che pensano e vivono secondo dei valori autodeterminati – quelli della passione e della libertà, non quelli del denaro, pel potere e del controllo sulle vite degli altri. Siamo pieni di tromboni che invitano a pregare per Parigi, ma i fondamentalisti islamici non hanno nessuna paura di un uomo che prega, anche se, proprio come i fondamentalisti cattolici, disprezzano chi prega un dio diverso. Bisognerebbe invitare le persone ad uscire, divertirsi, condividere, magiare, bere, discutere, ascoltare musica, ballare, stringere legami, scopare per Parigi (o per Beirut, Bamako, Tunisi), perché questo è ciò dà davvero fastidio a chi sa interfacciarsi col prossimo solo con odio e senso di superiorità.

Per questo, cari integralisti de noantri, voi non siete sotto attacco: nella guerra tra la libertà e l’oppressione, tra i lumi e l’ignoranza di massa, voi state dalla stessa parte del Daesh, come il Daesh sta dalla stessa parte del governo americano che combatte la trasparenza e bombarda MSF. E se ogni tanto qualcuno di voi ci va di mezzo, è semplicemente un danno collaterale, il medesimo tipo di danno collaterale che ritenete essere un male necessario quando avallate i bombardamenti sui civili in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan. È fuoco amico: fatevene una ragione.

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L’ultras che mi vuole morto

18 mercoledì Nov 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Un mondo di cialtroni

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chiusura, diritti, educazione, Europa, fondamentalismo, fondamentalisti, francesi, Francia, guerra, Hollande, integrazione, ISIS, libertà, libertà civili, Medio Oriente, odio, Parigi, Parigi sotto attacco, parigini, paura, PorteOuverte, regresso, scuola, Siria, Stato Islamico, terrorismo, terroristi, ultras, USA, violenza

E quindi la Francia va in guerra. Con un’originalità ed un’imprevedibilità degne dei grandi geni mondiali, 14 anni dopo l’11 settembre il presidente francese François Hollande pensa di affrontare il problema del fondamentalismo che gli è arrivato fino alla porta di casa utilizzando una ricetta inedita: bombardamenti, restrizioni alle frontiere, limitazione delle libertà individuali. Per mezzo del suo uomo istituzionalmente più importante, la nazione i cui abitanti, nel pieno di una serie di attentati nel cuore della sua capitale, hanno offerto rifugio agli sconosciuti che non potevano raggiungere un luogo sicuro mediante l’hashtag “#PorteOuverte”, risponde a chi vuole spaventarla e la odia perché è troppo aperta con chiusura, spavento ed odio.

Hanno vinto i fondamentalisti. Quelli che si proclamano islamici, perché la Francia di domani sarà un paese meno libero, meno aperto e meno divertente, e quelli che si proclamano nemici del fondamentalismo islamico, per gli stessi motivi. Sono anni che lo dico, i terroristi stanno all’Islam come i violenti al calcio: come questi ultimi vanno in curva perché, facendosi chiamare ultras, possono esporre vessilli fascisti, gridare il loro odio, fare a botte e devastare senza pagare vere conseguenze, cosìnel Medio Oriente gli invasati possono, facendosi scudo di Allah, armarsi fino ai denti, sparare, insultare, umiliare, spadroneggiare e plagiare le menti senza essere linciati dalla folla. Purtroppo questa usanza sta prendendo piede anche da noi – gente che usa divinità di varia natura, da Dio ai soldi, per schiacciare il prossimo ed imporre le proprie regole di vita.

Detto questo, a me sembra che ci sia un aspetto di questa faccenda le cui implicazioni si sta deliberatamente scegliendo di ignorare: il fatto che gli attentatori fossero tutti cittadini europei. Non per la misura ridicola dei controlli alle frontiere (infatti stamattina, 18 novembre, c’è stata una sparatoria a Saint-Denis, non nel traforo del Monte Bianco), ma perché essere cittadini europei significa aver come minimo passato moltissimi anni in Europa, non esser venuti chissà da dove col solo scopo di farsi esplodere al primo pretesto utile. Probabilmente significa esserci nati, e questo, in Francia, implica aver frequentato le scuole francesi, in mezzo a coetanei francesi, da figli, nipoti o discendenti di persone che avevano fatto il possibile per lasciare il Medio Oriente chissà quanti anni fa.

Questa impellente necessità di tornare indietro, e non tanto per ritrovare le proprie origini quanto per divenire una quinta colonna di quello che i luoghi di origine sono oggi, con i loro fondamentalismi che si inseguono e la loro violenza, evidenzia un rifiuto della propria realtà quotidiana, quella europea, per quello che mi riguarda inquietante ed inconcepibile. Volere la morte delle persone con cui si è cresciuti e si vive, adoperarsi per ucciderle in nome di luoghi di cui si ha al più un lontano ricordo, se poi lo si ha, è qualcosa che va molto oltre la mia comprensione, ma di sicuro certifica il fallimento delle politiche di integrazione e del sistema educativo della Francia e dell’Europa nel suo complesso. Non mi pare una banalità su cui sorvolare.

Io sono molto più spaventato all’idea che un individuo cresciuto in Europa, che è stato educato in Europa ed interagisce quotidianamente con europei si adoperi per uccidermi in quanto membro della comunità di cui lui stesso fa parte, che dall’idea che uno a cui piovono bombe in testa tutti i giorni anche se non ha fatto niente pensi di vendicarsi sulla gente che avalla tutto ciò. Qualcuno, Hollande prima di tutto, intende porselo questo problema, o preferiamo tutti voltare la testa dall’altra parte? Limitare le mie libertà e sparare contro l’ignoto, quando il mostro non solo lo abbiamo dentro casa ma contribuiamo quotidianamente a formarlo, evidentemente proprio con le nostre vite, è una reazione facile, che fa un grande effetto e che da appena 14 anni peggiora le cose. Continuiamo così?

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Il fancazzista

28 mercoledì Ott 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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ambiente di lavoro, appartenenza, cialtroni, comando, diritti, fancazzismo, fancazzisti, FCA, FIAT, Germania, Italia, italiani, lavoratori, lavoro, mobbing, omertà, populismo, protezione, razza umana, responsabilità, UE, umanità, Unione Europea, uomini, uomo, Volkswagen

Chiunque non abbia vissuto con la testa sotto due metri di sabbia nelle ultime settimane deve aver notato che c’è stato uno scandalo che ha coinvolto la Volkswagen, rea di aver messo sul mercato milioni di macchine costruite per falsificare le rilevazioni sulle emissioni. La magagna è stata scoperta negli Stati Uniti e si è anche ventilato che il governo tedesco sapesse del problema, forse a seguito di una segnalazione da parte dell’Unione Europea. Dopo cotanta figura di merda, la Volkswagen è andata in crisi (il titolo è crollato solo nei primi giorni di oltre il 30%, si parla di perdite di oltre un miliardo e mezzo di euro solo nel terzo trimestre 2015), l’amministratore delegato in carica al momento di progettazione e realizzazione della truffa si è dimesso (con una scandalosa liquidazione di 33 milioni di euro quando un licenziamento per giusta causa sarebbe stato probabilmente più consono, ma qui potremmo scoperchiare un vaso di Pandora e lasciamo stare).

Alcune cose sono tuttavia avvolte dalla nebbia: ad esempio i nomi delle persone che hanno materialmente ideato e progettato la truffa, realizzato la strumentazione fisica e virtuale per portarla a termine ed autorizzato e diretto l’installazione di tale strumentazione sulle autovetture. E sono ragionevolmente sicuro che questi nomi resteranno sconosciuti. Perché il truffatore, in questa vicenda, non è un reparto che ha deciso autonomamente di fregare il prossimo: è l’intera Volkswagen, e come tale è giusto che paghi l’azienda, chi la dirige, chi la protegge e chi ne avalla l’attività di lobbismo a Bruxelles.

Ora, io ritengo che una discreta parte dei dipendenti della Volkswagen sapesse che le macchine erano una fregatura, a maggior ragione quelli che la realizzavano, la fregatura: tuttavia tutte queste persone sapevano anche che, in caso fossero stati scoperti, non avrebbero pagato personalmente perché non erano loro ad aver preso le decisioni, quindi sono andate avanti, hanno acconsentito a procedere. In Germania questo tipo di comportamento è considerato un tratto positivo, indica fedeltà e senso di appartenenza, ed è grosso modo lo stesso principio dei gerarchi nazisti che a Norimberga si difesero dicendo che loro avevano eseguito ordini. In Italiano tutto ciò è la componente essenziale di un concetto che si chiama omertà.

Il punto però è un altro: immaginiamo che la stessa cosa succeda alla Fiat. Io non ho nessuna difficoltà ad immaginare che il primo nome a saltar fuori ed a finire esposto alla pubblica gogna sarebbe quello dell’ingegnere che ha progettato il pezzo, con la motivazione che ha agito all’insaputa della dirigenza. A qualunque livello, aziendale come istituzionale, in Italia paga sempre l’esecutore materiale, mai il mandante, che di solito si dichiara sempre all’oscuro di quel che fanno i suoi sottoposti – il bello è che le persone considerano il non sapere cosa succede sotto la propria responsabilità una scusante valida. In altre parole, un’azienda ed un’istituzione italiane chiedono ai propri dipendenti il medesimo comportamento amorale se non illegale, pretendendo cieca obbedienza ed omertà esattamente come la Volkswagen, ma senza offrire un’adeguata compensazione economica né la relativa protezione dall’esterno.

A questo punto, prendiamo un dipendente di una qualsiasi azienda italiana a cui venga chiesto esplicitamente di infrangere la legge. Magari un dipendente motivato, che in passato ha mostrato slancio ed iniziativa, venendo però spesso frustrato perché avere delle idee significa mettere in ombra quelli che non le hanno, soprattutto i dirigenti. Per quale motivo questo dipendente dovrebbe fare quello che gli viene chiesto? Sapendo che, nel caso la faccenda venga fuori, finirebbe per esserne il capro espiatorio, su cosa dovrebbe basarsi il suo senso di appartenenza? Perché dovrebbe essere motivato a lavorare per un’azienda che non lo sta a sentire ma lo obbliga ad esporsi in prima persona per i casini che fanno altri che guadagnano più di lui ma rifiutano le responsabilità?

È così che nascono intere legioni fancazzisti menefreghisti – non che in natura i fannulloni non esistano, ma qui stiamo parlando del fenomeno di massa. L’italiano medio non è biologicamente ed antropologicamente diverso dal resto della razza umana – basta vedere cosa succede quando gli italiani vanno a lavorare in aziende che li pagano, li fanno sentire importanti e li proteggono, nemmeno necessariamente all’estero. Tutto il resto è propaganda populista.

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