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~ "Non ci sono tante pietre al mondo!"

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Archivi tag: John Lennon

Letteratura

14 venerdì Ott 2016

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Fingersi esperti di letteratura, Fingersi esperti di musica

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About a boy, anni sessanta, Bob Dylan, canzoni, comunicazione, Dylan, espressione, Joan Baez, John Lennon, Kurt Cobain, letteratura, lingiaggio, lingua, musica, Nick Hornby, Nobel, Nobel per la letteratura, poesia, premio Nobel, testi

Da ieri viviamo in un mondo in cui ad un autore di canzoni può essere assegnato il più alto riconoscimento letterario esistente. Un mondo in cui è stato sancito ufficialmente che la forma comunicativa pop prescinde dall’altezza e dalla complessità del messaggio veicolato. Un mondo in cui il linguaggio del rock e della canzone è stato equiparato definitivamente a quello della poesia, del teatro e della narrativa.

Nick Hornby, uno che il rock lo mastica parecchio, l’aveva detto anni fa: nel suo “About a boy” il protagonista rifletteva sulla capacità aggregativa dell’espressione di Kurt Cobain, un qualcosa che era in grado di far parlare persone altrimenti lontanissime, di creare un canale di comunicazione in cui riuscivano a riconoscersi ed a trovarsi individui straordinariamente diversi, ai limiti dell’incompatibile. E il punto è proprio questo: volendosi soffermare su un punto di vista strettamente letterario, tutti quelli che hanno creato linguaggi comuni per le loro generazioni, e parlo di Elton John, Bruce Springsteen, gli Smiths, gli U2, Ani DiFranco, Eminem e via dicendo, si sono sviluppati su una base culturale stabilita negli anni Sessanta, quando il rock era un movimento di rottura, di scontro generazionale, di autodeterminazione, di protesta. Nessuno di questi grandissimi autori di testi sarebbe esistito senza John Lennon, Marty Balin, Mick Jagger, Joan Baez e Bob Dylan. Se parliamo di lirica, di letteratura, di linguaggio inteso come forma scritta e parlata e non come comunicazione in generale, soprattutto Bob Dylan.

Chiunque si ribelli al Nobel per la letteratura assegnato a Robert Allen Zimmerman non ha capito diverse cose. Non ha capito l’abissale e straordinaria importanza nella storia contemporanea della forma espressiva della canzone rock. Non ha capito l’evoluzione della lingua e delle forme comunicative che ha portato milioni, miliardi di persone a parlarsi e capirsi mediante brani in versi di 30 righe. Non ha capito come anche la comunicazione di massa cinquant’anni fa sia stata completamente stravolta, rivoltata dal linguaggio delle canzoni. E non ha capito come tutto questo non sarebbe esistito senza un manipolo di innovatori che hanno creato qualcosa letteralmente dal nulla, di cui Bob Dylan è senza dubbio stato il più importante, perché è arrivato prima, per l’incredibile varietà di temi che ha affrontato e per le indiscutibili capacità di pensiero e scrittura.

Chiunque sostenga che Bob Dylan è solo un autore di canzoni può farmi il piacere di ritirare il suo nome dalla lista degli appassionati di musica: se quello che è generalmente riconosciuto come il più grande autore di testi di sempre non merita il premio Nobel per la letteratura per aver creato un linguaggio universale che si esprime attraverso le canzoni, la musica appunto (e non il linguaggio musicale, che è una cosa complementare ma diversa), allora la musica è nella migliore delle ipotesi una forma artistica di secondo piano, altrimenti intrattenimento, divertimento, passatempo. Chi ama la musica, chi la ascolta davvero, chi la considera un modo per conoscersi più approfonditamente ed esprimersi più completamente che attraverso altre forme di comunicazione, sa che non è così.

Da ieri viviamo in un mondo in cui è stato certificato con il bollo della forse più alta autorità letteraria mondiale che questo linguaggio esiste e può essere utilizzato per trasmettere messaggi di qualunque altezza e complessità. Non è solo intrattenimento: è una forma elevata di letteratura.

Da ieri, il mondo in cui viviamo mi piace un pochino di più.

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The times they are a-changin’

13 giovedì Ott 2016

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Fingersi esperti di letteratura

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anni sessanta, Blowing in the wind, Bob Dylan, diritti civili, Dylan, figli dei fiori, hippie, John Lennon, letteratura, libertà civili, musica, Nobel, Nobel per la letteratura, pace, pacifismo, poesia, premio Nobel, protesta, Sessantotto

È un pacifista. È un figlio dei fiori. È un attivista delle libertà civili. È un artista le cui creazioni sono state portate sul bavero per decenni dai movimenti di protesta. È uno che invecchiando non è diventato un guru tronfio e didascalico e non ha cominciato a rivedere le sue posizioni in senso fascistoide come troppi reduci del Sessantotto.

È un grande autore di testi. È uno che ha scelto una divulgazione pop per quello che aveva da dire. È un poeta le cui opere, pubblicate in forma di canzoni, hanno toccato argomenti più vari, dalla politica all’intimità, dalla guerra al sociale, riscontrando apprezzamento ovunque in giro per il mondo. È un musicista che non si è ridotto alla caricatura di sé stesso, ma ha continuato a creare dignitosamente finché ha avuto qualcosa da dire. È uno che non si è mai piegato all’attuale show business ed alle celebrazioni solenni e spesso patetiche.

È uno che ha “creato nuove espressioni poetiche nella tradizione della canzone americana”. È uno che non aveva riferimenti o strade tracciate, e chi oggi polemizza si ricordi cosa c’era veramente prima di lui. È uno che ha creato praticamente da zero una forma espressiva. È uno che lo ha fatto col linguaggio dei diritti civili, delle tematiche sociali, della pace e dell’equità.

Non è John Lennon. Ma John Lennon è morto.

Detto da uno che come musicista lo sopporta a stento: viva Bob Dylan!

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L’età del rock

09 mercoledì Dic 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia, Un mondo di cialtroni

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amarezza, anni 60, Bataclan, Beatles, cialtroni, Daniele Silvestri, democrazia, diritti civili, Donald Trump, fondamentalismo, Francia, guerra, hippie, Imagine, ISIS, John Lennon, Le Pen, libertà, libertà civili, Marine Le Pen, Parigi, paura, politica, religione, rock, rock n' roll, Rolling Stones, Sessantotto, terrore, terrorismo, vita, We shall overcome

Il voto dei francesi per il Front National è una chiara risposta all’Isis: “Sappiamo da soli come tornare al Medioevo”. (@famarcucci)

— Prugna (@opificioprugna) 7 Dicembre 2015

E così, dopo che la risposta della Francia agli attentati sul suolo parigino, compiuti da cittadini francesi ed europei istruiti da un’organizzazione criminale con sede in Siria, super-equipaggiata e super-finanziata da soldi di provenienza occidentale ed appoggiata politicamente da alleati delle potenze occidentali, è stata bombardare la Siria, la risposta dei cittadini francesi è stata votare Marine Le Pen. Gli stessi francesi che, mentre degli sconosciuti sparavano sulla folla, accoglievano sconosciuti che non riuscivano a raggiungere un luogo sicuro mettendosi d’accordo su Twitter, domenica hanno dato il loro voto ad un partito politico che vuole chiudere le frontiere, armarsi, combattere ed in generale rispondere ad un fanatismo malato con un altro fanatismo malato. Il tutto mentre uno che vuole candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti dichiara che in nome della sicurezza intende chiudere Internet ed fermare i musulmani alle frontiere.

Verrebbe da dire, per fortuna che tutti continuano a dire che gli attentati terroristici non cambieranno il nostro modo di vivere. Il fatto è che purtroppo è vero: non lo stanno cambiando, lo stanno solo radicalizzando.

Le persone libere che credono nel dialogo, nell’integrazione, quelle che erano al Bataclan o che avrebbero potuto esserci, le persone libere secondo la definizione di libertà data da Giorgio Gaber (“la libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”), ammettono candidamente di avere paura, ma continuano a fare quello che vogliono fare, ad uscire, a divertirsi, a socializzare ed a combattere per un mondo equo, giusto, libero e democratico. Le altre, quelle che tutte queste ostentazioni di indipendenza, di libertà, tutte queste laicità, lotte per i diritti civili e per la vita in generale le hanno, chi più chi meno, sempre viste con sospetto, dichiarano falsamente di non essere spaventati e si rivelano per quello che sono: fondamentalisti. Smettono di fare riferimento alla destra moderata e, più coerentemente, appoggiano quella aggressiva, xenofoba e guerrafondaia: lo stesso tipo di destra di tutti i fondamentalismi, quello che cambia è solo il dio a cui si pretende le persone comuni si immolino, sia esso Allah, Gesù Cristo, la Patria, il Partito o il Denaro.

Sono passati circa 50 anni da quando le persone, in particolare i giovani e gli studenti, decisero di ribellarsi all’integralismo e di andarsi a prendere le libertà che la società non aveva intenzione di concedere. Le occupazioni universitarie, la renitenza alla leva, il pacifismo, le lotte per le libertà civili sono nate nei gruppi, nei collettivi, tra gente che aveva paura delle conseguenze delle proprie azioni e si faceva forza a vicenda perché convinta di essere nel giusto, appoggiata da qualche sporadico intellettuale e dall’unico, vero movimento culturale di massa che ha mai predicato l’uguaglianza ed incoraggiato la rottura: il rock.

Un’intera generazione ha portato sul bavero John Lennon, Janis Joplin, Jim Morrison, Bob Dylan, Joan Baez, i Rolling Stones, i Jefferson Airplane in quanto megafono delle proprie rivendicazioni: artisti liberi e trascinanti che imponevano, con il loro carisma ed il loro appoggio popolare, le libertà civili nel dibattito pubblico. Oggi, mentre la libertà viene via via sacrificata in nome della sicurezza ed erosa centimetro dopo centimetro dalle guerre, dichiarate e non (prima di tutto quelle dei fondamentalismi contro le persone libere, solo dopo quelle in cui i fondamentalismi si scannano tra loro), chi è rimasto a difenderla, ad aggrapparsi ad essa, a gridare al mondo la propria voglia di non essere incatenato, ad insegnare a chi non è capace di esprimere la propria necessità di vivere secondo le proprie regole come farlo? I Muse? I Coldplay? Gli One Direction? Non scherziamo. Persino Daniele Silvestri è trattato come un tizio simpatico e un po’ patetico nel suo anacronismo. O vogliamo parlare dei tromboni classisti ed arroganti tipo Eugenio Scalfari o Michele Serra?

E allora fatemi un piacere: quando sarete riusciti a ristabilire l’ordine che tanto vi è caro, a chiudere questa epoca di libertà, diritti e tentativi di conquistare una vera uguaglianza, chiamatela come merita: l’età del rock. Anche in senso dispregiativo, chiamatela musica di Satana, come vi pare, ma datele l’importanza che merita. Iniziata con giovani cresciuti ascoltando “We shall overcome”, “Imagine”, “Light my fire” e “Volunteers”, proseguita con gli Yes, Patti Smith, i Clash, gli U2, i Nirvana, i Massive Attack e chiusa con giovani che crescono ascoltando cantanti sviluppati in laboratorio, ben confezionati, politicamente corretti ed ermeticamente vuoti.

Che amarezza!

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Vigliaccheria

16 lunedì Nov 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Un mondo di cialtroni

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13 novembre, Abu Grahib, Alemanno, Anders Behring Breivik, Bataclan, cialtroni, Duisburg, Francia, Guantanamo, Imagine, ISIS, islam, islam moderato, jihad, John Lennon, libertà, libertà d'espressione, libertà d'opinione, Medici Senza Frontiere, Meloni, moderati, MSF, musulmani, Parigi, Parigi sotto attacco, razzismo, razzisti, Salvini, Siria, Stade de France, Stato Islamico, terrorismo, vigliacchi

Venerdì notte, mentre Parigi cercava di iniziare a raccogliere i cocci di una delle giornate peggiori della sua storia recente, su Twitter, Facebook ed Instagram hanno cominciato ad apparire messaggi firmati da persone con nome arabeggiante che, dichiarandosi musulmani, professavano il loro dispiacere e la loro condanna per quanto era avvenuto nella capitale francese, aggiungendo che il medesimo dispiacere e la medesima condanna erano condivisi da circa un miliardo e mezzo di altri musulmani in giro per il mondo.

Non ho replicato a nessuno di questi messaggi. Alcuni li ho condivisi, perché il punto non è quello che ne penso io, ma il fatto che questi interventi devono girare. Da sempre, ogni volta che un fanatico che si dichiara islamico si rende responsabile di un atto violento, assistiamo a schiere di razzisti che si propongono come equilibrati e chiedono ai musulmani “moderati” di prendere le distanze da chi semina violenza in nome di Allah. Pertanto l’unica cosa che contava era che questi messaggi circolassero.

Per quanto io capisca e, politicamente parlando, trovi anche intelligente ciò che queste persone hanno fatto, non posso impedirmi di pensare che sia complessivamente umiliante. Se domani un italiano sparasse sulla folla su un autobus in Germania o un gruppo di tifosi interisti assaltasse alcune famiglie dirette allo stadio, non mi preoccuperei di dover prendere le distanze in quanto italiano o interista “moderato”: mi limiterei ad esprimere le mie opinioni sull’argomento, che tra l’altro sarebbero molto più incisive di una diplomatica e generica posizione di condanna.

Poi mi chiedo, ma tutti quelli che, ogni volta che qualche terrorista che dice di ispirarsi al Corano causa una strage (in Occidente, finché lo fa a Beirut va tutto bene), pretendono che l’islam moderato ne condanni il comportamento, hanno mai fatto lo stesso? In quanto italiani, hanno mai dichiarato pubblicamente la loro indignazione per la strage di Duisburg? In quando (sedicenti) cristiani, hanno mai solennemente giurato che loro non hanno nulla a che vedere con Anders Behring Breivik ed i suoi deliri? In quanto (sedicenti) cattolici, hanno mai espresso disagio di fronte agli abusi commessi da preti pedofili? In quanto membri dell’Unione Europea, hanno mai esternato sdegno per il comportamento del governo ungherese che tratta i profughi mediorientali come deportati? In quanto membri della NATO, hanno mai criticato gli Stati Uniti per (prendo un paio di episodi a caso) aver bombardato un ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz o torturato esseri umani ad Abu Grahib e Guantanamo?

Chiariamo una cosa: io non ho mai formalmente preso le distanze dai fatti di Duisburg, perché ritengo che le persone siano sufficientemente intelligenti da sapere che gli italiani non sono intrinsecamente assassini né mafiosi, e se qualcuno non lo vuole capire non saranno tre righe di circostanza a fargli vedere la luce. Per lo stesso motivo non ho bisogno di dichiarazioni ufficiali per sapere perfettamente che i musulmani non sono terroristi, e se qualcuno di essi è convinto che i fatti di Parigi, o magari l’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai, siano comprensibili o giustificabili, ha tutto il diritto di avere le sue opinioni – anzi, mi piacerebbe sapere perché lo pensa, partendo sempre dal presupposto che se uno ha perso parenti in un bombardamento a tappeto in Iraq può comprensibilmente avere un’idea diversa dalla mia sul causare vittime civili.

Quelli che chiedono sempre agli altri di prendere le distanze, invece? Non solo non lo hanno mai fatto in prima persona, ma quanti, pur vedendosi come persone ragionevoli, sono intimamente convinti di non doverlo fare prima di tutto perché pensano che gli americani fanno fondamentalmente bene a torturare i fondamentalisti? Quanti credono che, mentre un musulmano non può ritenere che una ritorsione violenta sia comprensibile, sia da persone equilibrate bombardare mezza Siria, chiudere i confini a chi scappa da tagliagole e bombe e sbrodolano che un gruppo che scrive brani come “Kiss the devil” in fondo fa parte del problema, così come usare un inno all’ateismo come “Imagine” di John Lennon come bandiera?

Il bello è che poi si incazzano se uno lo chiama razzisti o fondamentalisti e li paragona all’ISIS. Ma non perché non siano razzisti, non fraintendiamo, sono consapevoli di esserlo e in privato se ne vantano: perché non vogliono che si dica pubblicamente. In italiano si chiama vigliaccheria.

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Sfondoni

20 domenica Gen 2013

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Fingersi esperti di musica, Un mondo di cialtroni

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Abbey Road, anni 60, Beatles, cialtroni, Come together, dj, epic fail, John Lennon, musica, Paul McCartney, Radio rock, rock, sfondoni, Yesterday

A volte l’emittente romana Radio Rock propone delle chicche davvero interessanti.

Secondo il dj in onda ieri, sabato 19 gennaio, alle cinque e mezza di pomeriggio, lo storico brano di apertura dell’album “Abbey Road” dei Beatles, “Come together“, è un pezzo riconducibile a Paul McCartney.

John Lennon sarà l’autore di “Yesterday“…

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