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Il fuoco amico

26 giovedì Nov 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Un mondo di cialtroni

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Adinolfi, Califfato, Daish, diritti, diritti civili, divertimento, Europa, fondamentalismo, Fondmentalisti, Francia, Gasparri, guerra, integralismo, ISIS, libertà, libertà civili, libertà d'espressione, Medici Senza Frontiere, Medio Oriente, MSF, Occidente, Parigi, Parigi sotto attacco, potere, rock, Salvini, Siria, terrorismo, terroristi, Valeria Solesin, vita

A proposito del cosiddetto Califfato, o ISIS, o Daesh come, ho recentemente scoperto, viene chiamato da chi non vuole dargli il credito che richiede, scrissi che era il risultato di tanti fattori, non ultimo l’aver affrontato situazioni problematiche in tutto il Medio Oriente armando per quasi 40 anni il meno peggio del momento, intendendo per “meno peggio” quello che rappresentava la soluzione contingente più vantaggiosa – quindi di fatto quello che era più abile a trattare e vendeva meglio il petrolio – senza mai avere un’idea di lungo periodo che non fosse vendere armi.

Il Daesh, o ISIS, sa benissimo che nel mondo ci sono due situazioni che vuole affrontare: una è un’emergenza, l’altra, forse, un problema di lungo termine. L’emergenza è il fatto che al mondo esiste gente che vorrebbe vivere la vita secondo le proprie regole: persone che vogliono divertirsi, bere, mangiare, ascoltare musica, innamorarsi e litigare, persone favorevoli alla laicità, all’uguaglianza, alle libertà civili, ai diritti umani, al dialogo ed alla convivenza pacifica, e questo, per chi vuole imporre le proprie convinzioni con la forza, è inaccettabile. Dal punto di vista di un stronzo armato fino ai denti e travestito da fondamentalista religioso, poi, il fatto che ci siano persone che, pur combattendo la stessa emergenza, sono spinte da motivazioni differenti, è un problema: le loro ragioni sono sbagliate.

Il Daesh, assieme a tutti i cosiddetti fondamentalisti islamici, si applica dunque per combattere prima di tutto l’emergenza. A livello globale, i terroristi che sostengono di agire in nome di Allah scatenano la violenza nei luoghi di ritrovo delle persone normali, dal mercato al ristorante passando per la sala da concerti nel centro di Parigi. Ce l’hanno con la libera informazione e con la satira, ce l’hanno con le organizzazioni umanitarie, ce l’hanno con chi vive la sua vita secondo ideali di libertà. Contro gli stessi principi, in Occidente agiscono altri tipi di fondamentalisti, uno potrebbe dire cattolici ma c’è anche molto altro: fanno la guerra ai diritti civili (come la privacy ed i matrimoni omosessuali), combattono la libertà di espressione (parlando di vilipendio e blasfemia), attaccano le organizzazioni umanitarie (come Emergency e Medici Senza Frontiere), osteggiano le libertà sessuali (considerando i sex workers esseri umani inferiori e vietando l’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola), squalificano le fonti di passione e divertimento (come rock, fumetti, letteratura fantasy) ed in generale trattano con estremo sospetto chi ha una sua scala di valori e vive la sua vita di conseguenza – è di questi giorni, tra l’altro, l’insistente e vergognosa questione intorno al fatto che la povera Valeria Solesin fosse o meno battezzata.

Eccolo, dunque, il vero nemico dell’integralismo: Valeria Solesin, uccisa da fondamentalisti che sostengono di parlare in nome di Allah mentre viveva la sua vita ed insultata da fondamentalisti che sostengono di parlare in nome di Dio mentre i suoi cari la piangono. È lei l’avversario, il vero pericolo, e come lei tutti quelli che pensano e vivono secondo dei valori autodeterminati – quelli della passione e della libertà, non quelli del denaro, pel potere e del controllo sulle vite degli altri. Siamo pieni di tromboni che invitano a pregare per Parigi, ma i fondamentalisti islamici non hanno nessuna paura di un uomo che prega, anche se, proprio come i fondamentalisti cattolici, disprezzano chi prega un dio diverso. Bisognerebbe invitare le persone ad uscire, divertirsi, condividere, magiare, bere, discutere, ascoltare musica, ballare, stringere legami, scopare per Parigi (o per Beirut, Bamako, Tunisi), perché questo è ciò dà davvero fastidio a chi sa interfacciarsi col prossimo solo con odio e senso di superiorità.

Per questo, cari integralisti de noantri, voi non siete sotto attacco: nella guerra tra la libertà e l’oppressione, tra i lumi e l’ignoranza di massa, voi state dalla stessa parte del Daesh, come il Daesh sta dalla stessa parte del governo americano che combatte la trasparenza e bombarda MSF. E se ogni tanto qualcuno di voi ci va di mezzo, è semplicemente un danno collaterale, il medesimo tipo di danno collaterale che ritenete essere un male necessario quando avallate i bombardamenti sui civili in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan. È fuoco amico: fatevene una ragione.

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Vigliaccheria

16 lunedì Nov 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Ciarlare a vanvera, Un mondo di cialtroni

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13 novembre, Abu Grahib, Alemanno, Anders Behring Breivik, Bataclan, cialtroni, Duisburg, Francia, Guantanamo, Imagine, ISIS, islam, islam moderato, jihad, John Lennon, libertà, libertà d'espressione, libertà d'opinione, Medici Senza Frontiere, Meloni, moderati, MSF, musulmani, Parigi, Parigi sotto attacco, razzismo, razzisti, Salvini, Siria, Stade de France, Stato Islamico, terrorismo, vigliacchi

Venerdì notte, mentre Parigi cercava di iniziare a raccogliere i cocci di una delle giornate peggiori della sua storia recente, su Twitter, Facebook ed Instagram hanno cominciato ad apparire messaggi firmati da persone con nome arabeggiante che, dichiarandosi musulmani, professavano il loro dispiacere e la loro condanna per quanto era avvenuto nella capitale francese, aggiungendo che il medesimo dispiacere e la medesima condanna erano condivisi da circa un miliardo e mezzo di altri musulmani in giro per il mondo.

Non ho replicato a nessuno di questi messaggi. Alcuni li ho condivisi, perché il punto non è quello che ne penso io, ma il fatto che questi interventi devono girare. Da sempre, ogni volta che un fanatico che si dichiara islamico si rende responsabile di un atto violento, assistiamo a schiere di razzisti che si propongono come equilibrati e chiedono ai musulmani “moderati” di prendere le distanze da chi semina violenza in nome di Allah. Pertanto l’unica cosa che contava era che questi messaggi circolassero.

Per quanto io capisca e, politicamente parlando, trovi anche intelligente ciò che queste persone hanno fatto, non posso impedirmi di pensare che sia complessivamente umiliante. Se domani un italiano sparasse sulla folla su un autobus in Germania o un gruppo di tifosi interisti assaltasse alcune famiglie dirette allo stadio, non mi preoccuperei di dover prendere le distanze in quanto italiano o interista “moderato”: mi limiterei ad esprimere le mie opinioni sull’argomento, che tra l’altro sarebbero molto più incisive di una diplomatica e generica posizione di condanna.

Poi mi chiedo, ma tutti quelli che, ogni volta che qualche terrorista che dice di ispirarsi al Corano causa una strage (in Occidente, finché lo fa a Beirut va tutto bene), pretendono che l’islam moderato ne condanni il comportamento, hanno mai fatto lo stesso? In quanto italiani, hanno mai dichiarato pubblicamente la loro indignazione per la strage di Duisburg? In quando (sedicenti) cristiani, hanno mai solennemente giurato che loro non hanno nulla a che vedere con Anders Behring Breivik ed i suoi deliri? In quanto (sedicenti) cattolici, hanno mai espresso disagio di fronte agli abusi commessi da preti pedofili? In quanto membri dell’Unione Europea, hanno mai esternato sdegno per il comportamento del governo ungherese che tratta i profughi mediorientali come deportati? In quanto membri della NATO, hanno mai criticato gli Stati Uniti per (prendo un paio di episodi a caso) aver bombardato un ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz o torturato esseri umani ad Abu Grahib e Guantanamo?

Chiariamo una cosa: io non ho mai formalmente preso le distanze dai fatti di Duisburg, perché ritengo che le persone siano sufficientemente intelligenti da sapere che gli italiani non sono intrinsecamente assassini né mafiosi, e se qualcuno non lo vuole capire non saranno tre righe di circostanza a fargli vedere la luce. Per lo stesso motivo non ho bisogno di dichiarazioni ufficiali per sapere perfettamente che i musulmani non sono terroristi, e se qualcuno di essi è convinto che i fatti di Parigi, o magari l’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai, siano comprensibili o giustificabili, ha tutto il diritto di avere le sue opinioni – anzi, mi piacerebbe sapere perché lo pensa, partendo sempre dal presupposto che se uno ha perso parenti in un bombardamento a tappeto in Iraq può comprensibilmente avere un’idea diversa dalla mia sul causare vittime civili.

Quelli che chiedono sempre agli altri di prendere le distanze, invece? Non solo non lo hanno mai fatto in prima persona, ma quanti, pur vedendosi come persone ragionevoli, sono intimamente convinti di non doverlo fare prima di tutto perché pensano che gli americani fanno fondamentalmente bene a torturare i fondamentalisti? Quanti credono che, mentre un musulmano non può ritenere che una ritorsione violenta sia comprensibile, sia da persone equilibrate bombardare mezza Siria, chiudere i confini a chi scappa da tagliagole e bombe e sbrodolano che un gruppo che scrive brani come “Kiss the devil” in fondo fa parte del problema, così come usare un inno all’ateismo come “Imagine” di John Lennon come bandiera?

Il bello è che poi si incazzano se uno lo chiama razzisti o fondamentalisti e li paragona all’ISIS. Ma non perché non siano razzisti, non fraintendiamo, sono consapevoli di esserlo e in privato se ne vantano: perché non vogliono che si dica pubblicamente. In italiano si chiama vigliaccheria.

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Charlie Hebdo sont les autres

08 mercoledì Apr 2015

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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accento, Charlie Hebdo, cialtroni, Donbass, ipocrisia, Je suis Charlie, libertà, libertà d'espressione, libertà di espressione, Liszt, musica, musica classica, opinioni, Rach 2, Rachmaninoff, ritorsione, Russia, schifo, Stewart Goodyear, Toronto Symphony Orchestra, TSO, Ucraina, Valentina Lisitsa

Ecco una storiella davvero edificante.

Valentina Lisitsa è una grande pianista ucraina di etnia russa. È molto stimata a livello di ambiente musicale quanto di pubblico, ed è particolarmente considerata in quanto interprete di Listzt e Rachmaninoff – recentemente la Decca ha pubblicato le registrazioni delle sue esecuzioni dei 4 concerti per pianoforte del compositore russo. È anche una che, quando non è sul palco, si esprime, per lo più attraverso il suo account twitter, in modo aperto e controverso su alcune faccende di cronaca internazionale. Per ovvie ragioni, negli ultimi mesi ha preso posizione in modo netto, chiaro ed inconfondibile sulla guerra civile ucraina, sostenendo che il governo di Kiev, istituito dopo il rovesciamento di quello democraticamente eletto, è di fatto un regime dittatoriale di simpatie filo-naziste sostenuto da gruppi apertamente nazisti, e che nel Donbass c’è un aggressore – lo stato ucraino, che spara sulla popolazione – ed un aggredito che si difende – la minoranza filorussa. Tutte ricostruzioni che il mondo occidentale non vuole nemmeno sentir pronunciare, espresse da una la cui fama internazionale fornisce di un discreto megafono, al contrario della badante nata a Slavyansk, che dice esattamente le stesse cose ma non se la fila nessuno.

Oggi, mercoledì 8 aprile, e domani, Valentina Lisitsa avrebbe dovuto esibirsi con la Toronto Symphony Orchestra nel concerto numero 2 per pianoforte ed orchestra di Rachmaninoff. A quel che è dato sapere, qualche giorno fa le è stato comunicato che il teatro aveva deciso di rimpiazzarla, pur pagandola, per incitamento pubblico all’odio, fra l’altro, sostiene lei, intimandole di non rivelare le motivazioni dell’esclusione. Di fatto, le è stato impedito di suonare una delle composizioni pianistiche più celebrate della storia, che lei è nota per interpretare in modo magistrale, a causa delle sue opinioni e del suo esercizio della libertà di espressione.

Il tizio chiamato per sostituirla, Stewart Goodyear, non se lo è fatto dire due volte: ha accettato. Probabilmente, in un mondo passabile, in cui almeno tra chi si occupa di elevatissima espressione artistica i principi vengano prima delle beghe personali, avrebbe dovuto rifiutarsi per solidarietà con una che era a tutti gli effetti stata fatta fuori per un reato d’opinione. Non lo ha fatto, e tutti si sono magicamente trovati a fronteggiare le conseguenze delle loro azioni.

Sia la Toronto Symphony Orchestra che Goodyear hanno ricevuto una valanga di proteste: la prima per aver annullato, per pretestuose ragioni extra-artistiche, l’esibizione di un faro dell’interpretazione pianistica mondiale (c’è anche chi si è lamentato perché i post di dissenso sono stati rimossi dalla pagina Facebook della TSO); il secondo, probabilmente colpevole anche di non essere un pianista di livello comparabile, per essersi egoisticamente avvantaggiato della situazione senza nemmeno un moto di indignazione per come aveva ottenuto l’occasione di esibirsi. Alla fine, sommersa dalle polemiche, la TSO ha cancellato il pezzo solista dal programma dei concerti.

Il pianista di rincalzo l’ha presa bene: ha accusato i fan di Valentina Lisitsa di essere dei barbari che gli hanno impedito di suonare, di vivere la sua ribalta, senza peraltro nemmeno fare un minimo accenno al fatto che in origine la ribalta non era sua. Parte dei commenti che sono seguiti sono stati incentrati sul fatto che Valentina Lisitsa è effettivamente un’estremista eversiva, che sta dalla parte di un gruppo di terroristi assassini, e dunque merita l’emarginazione. Come se il problema fosse questo, come se il problema fossero veramente le opinioni della pianista ucraina, e non il fatto che, se la libertà d’espressione ha un senso, lei ha il pieno diritto di comunicarle senza che il suo lavoro, la sua espressione artistica, ne debba risentire.

Fermo restando che, anche se fosse stata invitata all’ONU a tenere un discorso, avrebbe dovuto poterlo fare in totale libertà di dire quello che credeva, a Valentina Lisitsa non era stato chiesto di parlare in pubblico, ma di sedersi al piano e suonare, e davvero non capisco quale vocabolo potrebbe sintetizzare la faccenda meglio di “ritorsione”. Il tutto, non dimentichiamolo, nel mondo che ha omaggiato i martiri di Charlie Hebdo. In modo stucchevole, ma soprattutto squallidamente ipocrita.

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