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Come i leghisti con i profughi

13 sabato Gen 2018

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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abusi, abuso di potere, analfabetismo funzionale, carabinieri, Catherine Deneuve, cialtroni, Deneuve, fastidio, forze dell'Ordine, genere, idee chiare, molestie, molestie sessuali, molesto, polizia, potere, prostituzione intellettuale, sesso, stupro, supri, violenza, violenza di genere, violenza sessuale

Nutrivo da un po’ il dubbio che certa gente che straparla di femminismo, sessismo, molestie sessuali, stupri ed in generale di questioni di genere avesse le idee un po’ confuse, che quando dice “so distinguere perfettamente tra un’avance ed una molestia sessuale” si sopravvaluti sensibilmente. Grazie alla lettera di Catherine Deneuve firmata da 100 intellettuali francesi che ricorda come uno che ci prova, magari in maniera un po’ goffa, insistita o anche importuna, che introduce argomenti privati o un po’ espliciti fuori contesto, o che sfiora il ginocchio di una donna non è un molestatore e che portare avanti una mostruosità del genere finirà per intaccare le libertà sessuali, ne ho avuto la certezza. In quattro giorni su Internet si sono lette assurdità di ogni tipo e livello, ma alla fine due cose sono emerse in modo chiaro: primo, buona parte dei commentatori è formata da gente che interviene per sentito dire e da analfabeti funzionali che la lettera l’hanno letta ma non l’hanno capita; secondo, la differenza tra un comportamento inopportuno ed uno penalmente perseguibile, di fatto tra persona molesta e molestatore, non è chiara per niente.

La prima cosa abbastanza ovvia da sottolineare è che manipolare, banalizzare o fingere di fraintendere le parole altrui per criticarle indica assenza di argomenti: Sostenere che Catherine Deneuve avrebbe scritto che le donne devono farsi molestare, che quelle che non se lo fanno appoggiare in metropolitana sono delle puritane, è una pura e semplice invenzione: chi polemizza su questo polemizza sul nulla, ed in un certo senso le dà ragione. La seconda, altrettanto scontata, è che attaccare il ragionatore invece del ragionamento, come se il fatto che la Deneuve si sia in passato spogliata al cinema la inibisca a discutere di diritti delle donne e la renda una sostenitrice del patriarcato, è ridicolo ed inutile se non dannoso alla discussione.

Passiamo al merito della questione, con un breve esempio: qualche tempo fa fece più o meno il giro di Internet un video in cui una donna avrebbe subito 108 “molestie sessuali” nel corso di 10 ore trascorse per strada. Praticamente tutte suddette “molestie sessuali” consistevano in saluti o commenti, nient’altro. Comportamenti certo non graditi, magari anche molesti, ma se parliamo di “molestie sessuali” parliamo di un reato che prevederebbe una pena detentiva. Davvero vogliamo invocare il codice penale per uno che dice “ciao bella” per strada?

Dice, “ma sono fastidiosi”. Certo che sono fastidiosi, ma il punto è esattamente quello: c’è differenza tra un comportamento fastidioso ed uno penalmente perseguibile, e, esattamente come rileva Catherine Deneuve, non sembra che questa differenza sia chiara. Anche il camion della nettezza urbana che passa alle tre di notte sotto le finestre di chi cerca di dormire perché si deve svegliare alle sei è fastidioso, ma nessuno parla di denunciarlo.

Oltretutto, il “fastidio” è una reazione soggettiva, e io ho letto esempi allucinanti: da quella che “se ti dico no è no, se insisti è violenza e io ti cicco in un occhio” (non c’è nessuna violenza nel fare un secondo tentativo, nel ‘ciccare’ in un occhio sì) a quella che dopo aver ricevuto dei fiori senza biglietto nel negozio in cui lavorava si è fatta andare a prendere dal padre perché temeva per la sua incolumità. Sarebbe ora di rendersi conto che in questi casi il problema non sono gli uomini, nemmeno quelli molesti, ma certe donne che vivono in uno stato di terrore autoindotto degli uomini, come i leghisti coi profughi.

Il fine ideale di certe integraliste che hanno o cavalcano certe paure irrazionali ed ingiustificate, il loro scopo recondito, è molto semplice: poter arrivare ad agitare lo spettro della denuncia per molestie a chi gira loro attorno e non è gradito. Donne che, peraltro, messe alle strette, non possono altro che suggerire una maggiore presenza delle forze dell’ordine a cui rivolgersi ogni volta che si sentono minacciate – forze dell’ordine i cui membri sono o sono stati processati per la macelleria della scuola Diaz, l’omicidio Cucchi e, guarda un po’, un doppio stupro a Firenze: tipiche persone che vorrei incontrare mentre cammino da solo in un vicolo di notte.

Viviamo in una società in cui la stragrande maggioranza dei comportamenti violenti contro le donne avviene tra le mura di casa; degli altri, nella maggioranza dei casi si tratta di violenze perpetrate da congiunti; dei rimanenti, la stragrande maggioranza degli episodi è riconducibile a situazioni di abuso di potere (il capo che molesta le sottoposte, il produttore che molesta la provinante, il poliziotto che violenta la turista alticcia). Non mi pare si sentano spesso, in relazione ad uno stupro, commenti tipo “ce lo aspettavamo: le fischiava quando passava”, mentre “sembrava una brava persona” e “salutava sempre” vanno per la maggiore.

Le molestie sessuali non hanno nulla a che vedere col sesso: sono un’espressione di potere. Forse anche certe cosiddette femministe (spesso a loro volta un po’ troppo attratte dal potere) prima o poi ci arriveranno.

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Il ras del treno

02 martedì Dic 2014

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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capotreno, cialtroneria, cialtroni, cialtronia, ferrovie, passeggeri, polizia, ras, razzismo, schifo, Trenitalia, treno, vergogna, viaggio

Tornando a Roma da un fine settimana a Perugia per vedere un paio di amici, mi sono trovato a sottostare alle ridicolaggini del sistema di trasporto su rotaia italiano. Parlo in prima istanza di uno sconvolgente tempo di percorrenza di 4 ore grazie ad un sistema di coincidenze grottesco (circa 90 minuti di attesa alla stazione di Foligno) e ad un sistema infrastrutturale ottocentesco (un treno “regionale veloce” che per fare 170 km con 5 fermate intermedie ci mette più di due ore), ed in seconda di una componentistica umana raccapricciante.

All’andata ho la smisurata fortuna di viaggiare su un treno diretto, peraltro formato da due carrozze di prima classe solo una di seconda: due ore e mezza di percorrenza prevista più un ritardo di circa quindici minuti fanno poco meno di tre ore che rappresentano l’intera durata del viaggio del mezzo, durante le quali nessun controllore si presenta a verificare che i viaggiatori siano provvisti di biglietto.

Al ritorno, prima tratta tra Perugia e Foligno, circa 40 minuti di viaggio e nessun controllo – il treno si ferma a Foligno ma non so da dove sia partito. Poi la cosiddetta coincidenza col treno per Roma, proveniente da Ancona, dove effettivamente qualcosa succede.

Arrivando ad Orte un tizio che si trova due posti davanti a me si prepara per scendere. In stazione prima scende, poi risale e riprende posto. Il treno non riparte, non succede nulla. Dopo qualche minuto salgono due poliziotti che si mettono a discutere con lui, chiedendogli con un atteggiamento deciso di scendere. Il tizio si rifiuta, chiede di parlare col capotreno e di risolvere la questione. Aggiunge che lui ci ha anche già provato, ma il capotreno si è rifiutato. I poliziotti chiedono di vedere i suoi documenti, lui chiede per quale motivo deve mostrarli. I poliziotti gli intimano di scendere aggiungendo che, nel momento in cui il capotreno è, sul mezzo, un pubblico ufficiale come il capitano di un nave, se si rifiuta lo dovranno denunciare per resistenza.

Il passeggero segue i due poliziotti, che rintracciano anche il capotreno. Da dentro il vagone sentiamo delle urla, poi dopo trenta secondi il passeggero risale, si risistema al suo posto ed il treno riparte. Il capotreno passa e, da bravo ras, gli fa una piazzata pubblica accusandolo di aver causato un ritardo. Un passeggero replica che per quello che ha visto si è verificata una situazione che ha comportato un ritardo, ma non può sapere per certo di chi sia la colpa. Il capotreno gli risponde male, aggiungendo che prima di parlare dovrebbe conoscere i fatti, il passeggero risponde che proprio per quel motivo ha aperto bocca, e che comunque non gli si può impedire di esprimere un’opinione ad alta voce. Il capotreno se ne va irritato, mentre il passeggero imputato di ritardo ci fornisce la sua versione.

Salendo sul mezzo a Fabriano ha riferito al capotreno che non ha il biglietto adeguato perché non aveva trovato la biglietteria aperta né un distributore funzionante, ma che era disponibile a pagare la differenza a lui o a scendere alla prima stazione per fare rapidamente il biglietto. Il capotreno gli ha chiesto 10 euro, al che, essendo la cifra sicuramente maggiore della differenza dovuta ed essendo stata calcolata sull’unghia, il passeggero ha chiesto una spiegazione. Il capotreno ha domandato di vedere i suoi documenti, lui ha chiesto perché, il capotreno ha risposto che quelli come lui sicuramente vivono tutti alla Caritas – sì il passeggero è di colore – al che lui è tornato al suo posto. Il capotreno gli ha intimato di scendere ad Orte, per fare non si capisce bene cosa, visto che il passeggero deve raggiungere Roma per prendere un aereo e sono le dieci di sera. È seguita la scena coi poliziotti, che il passeggero ci ha messo circa venti secondi a convincere della sua versione una volta avuti davanti loro ed il capotreno, infatti si sono allontanati quasi subito – sospetto in parte perché il passeggero ha calato l’asso, un documento d’identità americano.

Faccio presente che né il capotreno né un qualunque controllore è passato a controllare i biglietti, né prima né dopo l’incidente – per quello che mi riguarda almeno a partire da Foligno, altri passeggeri assicurano che non è passato nessuno almeno da Falconara in poi. Quindi l’unica colpa del nostro eroe è l’onestà nell’aver fatto presente che aveva un problema: se fosse salito senza biglietto e fosse stato zitto avrebbe viaggiato tranquillo.

Faccio anche presente che il treno è arrivato a Roma Termini spaccando il minuto, nonostante il messaggio diffuso tramite altoparlanti che parlava di sei minuti di ritardo.

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Rush – Effetto allucinante

06 venerdì Set 2013

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Fingersi esperti di cinema

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action movie, arma letale, cinema, doppiaggio, dramma, droga, Eric Clapton, film, Jason Patric, Jennifer Jason Leigh, musica, polizia, recitazione, regia, spacciatori

“Rush”, in italiano “Effetto allucinante”,Effetto allucinante è un film del 1991 di Lili Fini Zanuck, noto ai meno, e principalmente per essere il film sulla cui colonna sonora è comparsa per la prima volta “Tears in heaven” di Eric Clapton. In sintesi, racconta dettagliatamente un lavoro di merda: l’infiltrato della narcotici.

Texas, metà degli anni Settanta: Jim Raynor (Jason Patric) è un poliziotto che ha bisogno di un nuovo compagno per riprendere la missione di incastrare il più grosso spacciatore della zona (interpretato da Gregg Allman, avrò difficoltà a guardarlo di nuovo duettare con Dave Matthews sul dvd di Piedmont Park 2007). Il pretesto narrativo è dato dalla sua scelta, su basi razionalmente inconsistenti, della giovane agente Kristen Cates (Jennifer Jason Leigh). Nella prima parte, la nuova arrivata impara come si sopravvive in un mondo del genere, e lo spettatore ha subito un’idea molto precisa del pasticcio in cui si sta andando a cacciare: nessuno nel mondo esterno, polizia inclusa tranne il referente diretto, sa chi sei, in caso di retata è un disastro, il tutto dovendo raccogliere e conservare prove e tutt’altro che saltuariamente calarsi per così dire nella parte. Successivamente, la missione inizia ed è subito molto chiaro cosa significa quest’ultimo aspetto: non solo andare in giro con della roba addosso, ma spesso provarla e farne uso anche in dosi massicce. Magari cercando di rimanere lucidi e di non portarsi troppo lavoro a casa.

Una coppia di poliziotti isolati dal mondo che possono contare solo l’uno sull’altro ci mette davvero poco ad instaurare un rapporto di profonda dipendenza reciproca; nel caso di un uomo ed una donna il coinvolgimento della sfera sentimentale sarà scontato, ma non appare mai forzato. Poi iniziano i problemi: prima un piccolo spacciatore ha dei sospetti e i due non possono che minacciarlo e farlo diventare un informatore. Poi iniziano i crolli. Il primo, ovvio, è di Kristen, che inizia ad assumere qualunque sostanza le capiti tra le mani, venendo poi recuperata dal compagno. Quando però il tonfo tocca all’agente esperto è molto più rumoroso, problematico e devastante.

Erano anni che non vedevo un film hollywoodiano di questo livello. Di solito laggiù quando hanno un budget non lo sprecano per inezie come la storia e la sceneggiatura, quanto per i fuochi artificiali, letteralmente (effetti speciali, computer grafica) e non (location, costumi, cast). L’esperienza di visione del film va molto oltre la semplice lettura del plot: regia, musica, fotografia, sceneggiatura portano lo spettatore in una cittadina del Texas, facendogliela vedere in un modo intelligente e diverso dal solito, in un modo che i film mainstream non sono capaci di trattare davvero, e soprattutto facendogliela vivere, quasi respirare. Contemporaneamente il film è essenziale, non c’è nulla di inutile, nessun orpello, nessuna sottotrama superflua. Poco meno di due ore molto, molto piene. Non escludo che questo abbia a che fare col fatto che la regia sia di una donna.

La recitazione è superba alla faccia dei grandi nomi: il film l’ho visto in lingua originale, quindi stavolta niente filippica su come è stato doppiato. Jason Patric si sente molto figo e scimmiotta un po’ Mel Gibson (vogliamo dire il primo “Arma letale”? “Due nel mirino”?), ma se la cava benissimo in un ruolo molto più intenso; Jennifer Jason Leigh è perfetta nel suo elemento – la donna sbandata, con il germe dell’autodistruzione sempre pronto a reclamare attenzione – ed è genuina, lasciva e perversa: più sprofondava negli abissi, più volevo trovare un posto dove sbatterla, o speravo che lo trovasse Patric – quando si dice l’immedesimazione. Gli altri fanno contorno, tranne forse l’informatore obtorto collo, Max Perlich, davvero non male.

Ce l’avevo da una vita: peccato non averlo visto prima.

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