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Archivi tag: Raggi

La classe dirigente

22 giovedì Giu 2017

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia, Fingersi esperti di cinema

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Alessandro Di Battista, Almirante, anti-politica, Appendino, Beppe Grillo, Berlinguer, capolavoro, cinema, DC, delirio, Di Battista, Di Maio, eccentricità, film, follia, genio, governo, Grillini, La Classe Dirigente, Luigi Di Maio, M5S, Matteo Renzi, Movimento 5 stelle, Onestà, paraculo, parlamento, Peter O'Toole, politica, potere, Raggi, Renzi, Roma, Salvini, Torino, Virginia Raggi

Un film dimenticato dai più perché incredibilmente sottovalutato è “La classe dirigente” (“The ruling class” in originale). Peter O’Toole vi interpreta Jack Gurney l’erede di una famiglia di pari inglesi che, a seguito della morte del padre, eredita il patrimonio di famiglia, titolo e seggio alla Camera dei Lord compresi. Solo che Jack è degente di un ospedale psichiatrico perché si crede la reincarnazione della Trinità. La famiglia allora cerca di tenere sotto controllo le sue manie, che includono una discreta collera divina, e di renderlo presentabile – presentabile, non sano – di modo che possa passare per eccentrico invece di essere considerato pazzo. Alla fine è Jack stesso a capire che una cosa del genere gli conviene: si rivolta contro la famiglia, si ripulisce e reclama il titolo per utilizzarlo in prima persona, non come emanazione dei parenti. Dopodiché ricomincia a delirare, ma da uno scranno di potere, non da dentro un manicomio.

La pellicola è geniale, ferocemente satirica, splendidamente grottesca con un utilizzo sapiente dell’iperbole, ed il suo unico limite è che si ride moderatamente perché è nel concetto fin troppo amara. È anche piuttosto lunga, dura circa due ore e mezza.

Ecco, le vicende del Conte Jack Gurney mi ricordano abbastanza da vicino quelle del Movimento 5 Stelle. Una manica di persone instabili, che vedono sé stesse un po’ come una sorta di giustizieri della notte, convinti di trovarsi in un universo parallelo in cui le loro sparate hanno un senso, che accanto a tanti squilibrati non sembrano nemmeno troppo più matti degli altri, riesce a raggiungere in qualche modo le posizioni di potere, che siano esse una poltrona da sindaco o semplicemente un numero rilevante di parlamentari, per poi continuare a dire cose senza senso, sapendo che nessuno di loro sarà considerato diversi dall’infinità di irresponsabili che popolano la classe dirigente italiana.

Quando si trovano a governare, questi signori si dimostrano di un’inettitudine con pochi precedenti. Non voglio sostenere che Renzi in 3 anni a Palazzo Chigi abbia dimostrato una qualsivoglia abilità amministrativa, né che Salvini sarebbe capace di fare alcunché, ma gli eletti del M5S brillano da un lato per spocchia e presunzione, dall’altro per la loro incrollabile fiducia che basterà la loro ostentata idea di essere dei castigamatti della corruzione per far evaporare i sistemi clientelari che reggono la vita pubblica dell’Italia, salvo poi scontrarsi con una realtà in cui non basta dire “io sono onesto” per far sì che burocrazia e malaffare consegnino le armi e si ritirino in buon ordine – la cosa fantastica è come ci rimangono quando se ne accorgono.

È di questi giorni un’incredibile esternazione di Luigi Di Maio, probabilmente il personaggio più grottescamente antipatico dell’intera galassia grillina, un insopportabile alter ego di Renzi altrettanto populista, ignorante e paraculo, secondo la quale il M5S si ispirerebbe a Berlinguer, ad Almirante ed alla DC. Cioè ad un segretario storico del Partito Comunista, ad un fascista conclamato, repubblichino mai pentito più volte attenzionato dalle Procure per le sue posizioni anticostituzionali, e ad un partito a-ideologico che ha governato il paese per 40 anni con sistemi clientelari e raccomandazioni, in cui convivevano decine di correnti e che si reggeva solo ed esclusivamente sull’amore per il potere ed il suo esercizio. Il tutto mentre a Roma Virginia Raggi delira di funivie mentre non riesce a garantire un servizio di autobus nemmeno passabile, vagheggia di rifiuti zero mentre nel centro i camion della nettezza urbana passano ad intervalli irregolari ed imprevedibili, e straparla di decoro urbano mentre si accanisce contro i centri accoglienza, perché l’obiettivo non è aiutare i poveri ma farli sparire dalla vista.

Quello che vorrei fosse chiaro è che Di Maio, Di Battista, Fico, Raggi, Appendino e compagnia predicante non sono né degli eccentrici né delle persone con delle posizioni un po’ estreme ma di buona volontà: esattamente come Peter O’Toole in “La Classe Dirigente”, sono semplicemente degli squilibrati incapaci di pensiero critico e di qualsivoglia abilità pratica, e per di più fortemente attratti dall’autoritarismo.

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Il non morto

12 lunedì Giu 2017

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia

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amministrative 2017, antipolitica, Beppe Grillo, Berlusconi, Centro-destra, Centro-sinistra, Civati, Clinton, Corbyn, destra, Di Battista, Di Maio, economia, elettorato, elettori, elezioni, elezioni amministrative, Forza Italia, Fratoianni, governo, Grillo, ideali, ideologie, Jobs Act, M5S, Macron, Matteo Renzi, Minniti, PD, politica, Possibile, Raggi, Renzi, Roma, Salvini, Sanders, Silvio Berlusconi, Sinistra, voti, voto

Trovo francamente piuttosto naif tutta questa sottintesa sorpresa mista a disgusto che accompagna la apparente ripresa della destra, dove per “destra” si intendono Salvini e il redivivo (anche perché mai veramente redimorto) Berlusconi, osservata nel primo turno delle elezioni amministrative. Dal mio canto, non capisco cosa ci si potesse aspettare di diverso. Per diversi tipi di ragioni. Vediamo meglio.

Come al solito, l’astensione è su livelli impensabili sono una quindicina di anni fa. Ora, sostanzialmente dal 1994 la vita politica italiana è stata incentrata su un solo personaggio, Silvio Berlusconi; nella sua ombra ha vivacchiato tutta una serie di personaggi minori, chi stando dalla sua parte chi fingendo di opporglisi. Dal 2013, un tizio di nome Matteo Renzi ci ha raccontato di averlo fatto fuori, mentre in realtà ci ha fatto un accordo, per cui Berlusconi, che, va ricordato, è ancora proprietario di reti televisive e giornali, ha sempre limitato gli attacchi e la delegittimazione nei suoi riguardi perché il principino del PD non sembrava intenzionato a creargli problemi. Nel frattempo, però, Renzi si è dimostrato, in tre lunghi anni, di una spocchia paragonabile a quella del predecessore e se possibile ancora più inetto ed incompetente. Lo stesso è successo col M5S (ometterò qui qualsiasi discorso, che pure sarebbe da fare, su come la stampa sia in grado di far sembrare ingigantite le pur colossali inettitudini di Raggi, Appendino, Di Maio e compagnia altezzosamente predicante).

Ora, sia il PD renziano che il M5S hanno sempre, con una certa pervicacia ed una spocchia degna di miglior causa, spiegato all’elettorato che loro non sono di sinistra, e che fanno bene a non esserlo: le ideologie sono morte, chi si ispira ad ideali marxisti o keynesiani è fuori dalla storia, e comunque le elezioni si vincono al centro, e magari pure a destra, viva la Clinton e abbasso Sanders (infatti poi abbiamo visto come ha vinto, la Clinton), viva Macron e abbasso Corbyn, viva il PSOE e abbasso Podemos. Da tempo c’è una gran corsa a conquistare l’elettorato cosiddetto “moderato”, che in realtà è una rissa per convincere chi è fondamentalmente di destra ma non lo ammette pubblicamente, ignorando completamente quello schierato ideologicamente a sinistra, perché tanto si dà per scontato che un partito che in pubblico polemizza coi deliri di Salvini catalizzi automaticamente la preferenza di chi si dichiara, ad esempio, antirazzista.

Il punto però è che a forza di governare con la destra, fare le moine alla destra, cercare di piacere alla destra e soprattutto assumere posizioni e varare provvedimenti palesemente di destra, come il Jobs Act ed il decreto Minniti, l’elettorato di sinistra stenta a vedere delle vere differenze tra Salvini e la Meloni da un lato e Renzi e Gentiloni dall’altro. Quindi, semplicemente, in assenza di alternative (che ci sarebbero, come Civati e Fratoianni, ma sui giornali e in televisione non devono comparire per quello che sono, altrimenti poi la truffa la capiscono tutti), le persone di sinistra smettono di andare a votare. Nel frattempo, a forza di dimostrarsi completamente inetti ed incapaci, va a finire che la destra i voti degli elettori di destra se li riprende.

Insomma, inettitudini di destra per inettitudini di destra, tanto vale votare direttamente, non tanto per l’inetto originario, quanto per quello che si dichiara apertamente di destra e, ad esempio, combatte l’aborto e le unioni omosessuali, invece di uno che non combina niente lo stesso, ma coccola, per convincere i sette elettori di sinistra rimastigli, un tipo di diritto civile incompatibile con le concezioni medievali dei conservatori italici.

Quindi, quelli di sinistra hanno capito l’inganno e smettono di votare, quelli di destra hanno capito che le alternative sono incapaci quanto Berlusconi se non peggio e tornano all’ovile: risultato, Berlusconi riguadagna quattro voti, l’astensione aumenta soprattutto tra gli ex elettori dei suoi cosiddetti avversari. I risultati mi sembrano sotto gli occhi di tutti.

Dal che la domanda: ma il PD e il M5S, fatti salvi i tifosi e le persone che fanno politica per interesse personale, esattamente chi li dovrebbe votare?

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Rinascita

21 martedì Feb 2017

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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Beppe Grillo, cialtroni, Comune di Roma, fondo stradale, giunta Raggi, Grillini, Grillo, incidenti, Libeskind, M5S, Marino, Movimento 5 stelle, PD, Piazza Venezia, piazza Vittorio, Raggi, Roma, sindaco, stadio della Roma, strade, traffico, via Nazionale, Virginia Raggi

Adesso Beppe Grillo ha deciso e comunicato urbi et orbi che, grazie all’amministrazione Raggi, Roma sta rinascendo. Non ho capito molto bene cosa intenda con questa affermazione: l’unica spiegazione che riesco a darmi è che Roma ha iniziato un progetto di rinascita dalle proprie ceneri, grazie al fatto che la giunta Raggi la sta definitivamente ammazzando. E nemmeno perché la città sia governata male in senso stretto: perché non è governata.

Lasciando perdere la surreale faccenda delle torri di Libeskind, che probabilmente finirà con un altro speculatore edilizio che mette le mani sulla città, regalandole una struttura che potrebbe rimanere parzialmente invenduta, una biforcazione della linea B della metropolitana che servirà solo a congestionarla, una colata di cemento in una zona a rischio idrogeologico, un pasticcio di viabilità sulla via del Mare ed uno stadio di proprietà del proprietario temporaneo della Roma che poi la Roma dovrà comprarsi a peso d’oro, e sorvolando anche sul fatto che discreta parte dei successi millantati dai grillini a Roma, come l’acquisto di nuovi autobus, sono da imputarsi alla giunta Marino, io vorrei invitare qualsiasi membro del M5S a fare un piccolo esperimento: prendere una macchina col lettore cd in ore serali, mettere un disco che gli piace, farsi un giro per le principali direttrici di traffico a velocità di crociera e segnarsi tutte le volte che il cd salta o si blocca a causa delle vibrazioni causate dal dissesto del manto stradale; poi andare in campidoglio e presentare alla giunta Raggi la lista, che, garantisco, non sarà breve, e spiegarle che si tratta di interventi di manutenzione assolutamente non differibili.

Se un buca o una serie di buche sono in grado di bloccare la riproduzione di un cd, sono anche in grado di usurare la meccanica di un’automobile, con i conseguenti aggravi di spesa per i cittadini romani, che non sarebbero costretti a revisionare sospensioni ed ammortizzatori tanto spesso se l’asfalto fosse in condizioni decenti; faccio notare che lo stesso varrebbe per gli autobus, che magari avrebbero una vita più lunga e non sarebbero continuamente in assistenza. Inoltre, una macchina che non ha contatto stabile a terra a causa delle buche è meno sicura in termini di spazi di frenata e di possibilità di controllo da parte del conducente. E non ho nemmeno iniziato a parlare di motorini, moto e biciclette, per i quali i problemi di aderenza su fondo dissestato comportano difficoltà a rimanere in piedi, che oltretutto peggiorano in caso di pioggia ed asfalto bagnato. Quindi stiamo parlando di problemi economici e di sicurezza, per gli individui e per la collettività.

Ora, forse non tutti sanno che su via Nazionale il limite di velocità è di 30 km/h: il cartello campeggia all’altezza del primo semaforo, a pochi metri da piazza della Repubblica. Per chi non la conoscesse, via Nazionale è una strada rettilinea che le auto possono percorrere solo in un verso, in direzione piazza Venezia, con una corsia preferenziale e tre corsie per il traffico ordinario; in quel verso il percorso è per un lungo tratto in discesa: mantenere la velocità sotto i 30 all’ora è solo una pia speranza.

Il problema è che la pavimentazione di via Nazionale è in pavé (i cosiddetti sampietrini), dissestato ma neanche troppo a confronto con capolavori tipo piazza Vittorio e dintorni o la zona di piazza Lodi. A che serve quindi il limite di 30 km/h? Semplice: a sollevare il Comune da responsabilità in caso di incidente quando una moto cade a causa delle buche e il conducente (magari urtato da una macchina con spazio di arresto triplicato dalla scarsa aderenza) si fa male. Perché la priorità del Comune è pararsi il culo: la sicurezza e la salute dei cittadini vengono dopo. Altro che Roma sta rinascendo.

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Utili idioti

09 giovedì Feb 2017

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Un mondo di cialtroni

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Berdini, calcio, Campidoglio, cementificazione, famo sto stadio, FamoStoStadio, Francesco Totti, giunta comunale, grandi opere, Juventus, Lazio, No Tav, palazzinari, Paolo Berdini, Parnasi, piano regolatore, Raggi, Roma, romani, romanisti, Sesso e potere, social media, sport, stadio, stadio della Roma, TAV, Totti, truppe cammellate, twitter, Unicredit, utili idioti, Virginia Raggi

Ieri, su Twitter, mi è capitato di avventurarmi nel vilipendio: leggendo qua e là delle notizie, degli approfondimenti e degli spunti di dibattito, avevo appreso alcuni aspetti che ritenevo piuttosto discutibili del cosiddetto “Stadio della Roma”; pertanto, ho osato pubblicare un tweet contro la sua costruzione; più precisamente, mi sono espresso contro l’edificazione di tre torri che, secondo il piano regolatore del 2008, superano di percentuali abbondantemente maggiori del 500% il quantitativo di cemento massimo per l’area interessata e prevedono la presenza di un’idrovora perché la zona è a rischio esondazione: di tutto ciò lo stadio sarebbe una simpatica, spendibile in termini di immagine ed economicamente svantaggiosa appendice – in italiano si dice “pretesto”. Sottolineo che non ho utilizzato l’hashtag principe della faccenda, quello apparentemente introdotto dal social media manager di Francesco Totti, “#FamoStoStadio”: mi sono limitato ad utilizzare l’espressione “lo stadio da’a #Roma” ed a citare Berdini, dunque i tag presenti nel tweet erano “Roma” ed il nome dell’assessore capitolino.

Mi piacerebbe dire che quanto è successo dopo, ed alcune delle valutazioni accessorie che tutto ciò mi ha suggerito, siano una pagina avvilente della storia dei social media: temo tuttavia che si tratti di qualcosa di più radicalmente e profondamente cialtrone legato all’essere umano.

La prima reazione che ho suscitato è stata una serie di tweet in replica, tutti favorevolissimi al progetto, all’inizio argomentativi, ancorché arroganti e tendenti a suggerire che l’interlocutore fosse un ignorante che non capisce niente. Ho provato ad interagire, poi sono arrivate le truppe cammellate, che hanno iniziato ad insultare, chi più velatamente chi in modo più esplicito, ed a retwittarsi a vicenda, per cui ho lasciato perdere. Dopo un po’ ho contato una decina forse scarsa di account che avevano cominciato a prescindere completamente da cosa scrivessi e letteralmente a spompinarsi a vicenda, offendendo chiunque non la pensasse come loro – anche su aspetti perfettamente documentabili, come il plateale abbandono di Unicredit ed il conseguente rischio che le torri restino invendute, senza nemmeno iniziare ad addentrarsi sulla poco chiara figura di Parnasi e sui 450 milioni di esposizione. Tutti questi account avevano il prospetto dello stadio e l’hashtag #FamoStoStadio perfettamente visibili nelle loro foto del profilo. Una reazione molto spontanea, non c’è che dire.

Gli aspetti più interessanti, tuttavia, risiedono in quello che accade in account non coinvolti in prima persona, ma altrettanto bizzarri nel loro atteggiamento: i romanisti. Tra i quali, persino persone di solito apertamente anticapitalisti, pronte all’attacco frontale quando si tratta di discutere cementificazione e grandi opere come la stazione del deserto di Reggio Emilia, il ponte sullo stretto di Messina o la Torino-Lione, diventano improvvisamente favorevoli alla contestualizzazione nel caso dello stadio della Roma e del quasi milione di metri cubi di cemento che si tirerebbe dietro.

Peraltro, pur risultando del tutto assodato che uno stadio di proprietà favorisce l’aumento del fatturato (anche se dovremmo preliminarmente discutere del paradiso della contraffazione del merchandising calcistico che è l’Italia), resterebbe il problema di come farlo fruttare, in una situazione, esplicitamente ed insistentemente denunciata dalla tifoseria giallorossa, in cui la Juventus ruba per non far vincere altre squadre, in particolare proprio la Roma. In altre parole, se tanto di vincere campionati non se ne parla perché c’è l’onnipresente complotto antiromanista, per cui (salvo pensare davvero di vincere la Champions senza prima costruire una mentalità vincente a livello nazionale) l’unica cosa davvero in palio è qualche coppa Italia ogni tanto, a cosa serve lo stadio di proprietà? A garantirsi la supremazia cittadina?

Cioè, stiamo parlando di un milione di metri cubi di cemento per battere la Lazio nei derby? Sul serio?

Mi è immediatamente tornato in mente un film: “Wag the dog”, in italiano noto come “Sesso e potere”; in particolare la scena in cui, durante una partita di basket, tutti i presenti lanciano una scarpa sul parquet per manifestare la loro solidarietà a “Vecchia Scarpa” Schumann, prigioniero in Albania dietro le linee nemiche – solo che Schumann nella pellicola non esiste, è un personaggio costruito ad arte per catalizzare l’attenzione della gente; non esiste neanche la guerra, se è per questo. Credo che l’espressione che sto cercando sia “utili idioti”.

Un film profetico come pochi altri.

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Il piano economico

23 venerdì Set 2016

Posted by In Bocca Al Lupo Express in Farneticare di politica ed economia

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austerità, bilancio, campagna elettorale, CIO, CONI, corruzione, delinquenza, economia, elezioni, Expo, Giachetti, infrastrutture, M5S, mafia, Marino, Monti, Olpimpiadi, PD, politica, politica economica, Raggi, referendum, Renzi, Rio 2016, Rio De Janeiro, Roma, Roma 2024, sindaco, spending review, spesa pubblica, Stadio Olimpico, Torino 2006, Virginia Raggi

Quando nel mese di giugno PD e M5S si sono trovati al ballottaggio per l’elezione del Sindaco di Roma, il candidato del Partito Democratico ha adottato una strategia comunicativa geniale: non ha parlato di altro che di Olimpiadi. Non di quelle che si preparavano a Rio De Janeiro, no, di quelle del 2024 per cui Roma potrebbe ipoteticamente candidarsi. E, si noti, Giachetti non ha presentato un piano economico-industriale per sponsorizzarle, si è limitato a ripetere per una dozzina di giorni come un invasato che la Raggi non capiva niente ad osteggiare la candidatura, che era antistorica e voleva buttare dalla finestra un’occasione ghiotta per le casse e la cittadinanza romana.

Perché, su quali basi, lui ritenesse che le Olimpiadi sarebbero un’occasione per Roma, non è dato saperlo.

Ora, potrei parlare dell’enorme sequela di cialtronerie che sta accompagnando l’ipotesi di candidatura per i Giochi del 2024: potrei parlare di esponenti del PD e giornalisti di area che, dopo aver ringraziato con la lingua per terra Mario Monti per aver stoppato tali velleità quando era capo del governo, ora attaccano la Raggi con la bava alla bocca perché fa lo stesso; potrei parlare del commissario del PD romano che fa più o meno la stessa cosa, dimenticando che un tizio del suo partito governava la sua città ed era favorevole ai Giochi prima che lui lo facesse sfiduciare; potrei parlare del segretario nazionale del medesimo partito che fa passare il messaggio che se la Raggi ritira la candidatura i fondi per la città diminuiranno sensibilmente.

Il punto però è un altro ed è duplice. Da un lato, nel momento in cui un candidato sindaco punta tutta la sua campagna elettorale sulla volontà di portare avanti la candidatura della Capitale ai Giochi del 2024 e prende il 30% alle urne, l’orientamento dei cittadini romani mi sembra piuttosto chiaro – con buona pace di chi continua a parlare di referendum, per il quale peraltro nessuno ha seriamente pensato di provare a raccogliere le firme. Dall’altro, vogliamo discutere di Olimpiadi? Benissimo: chi vuole candidare Roma, presenti un piano economico e vediamo cosa ne viene fuori.

Ora, è notorio che i Giochi olimpici degli ultimi anni sono stati un problema finanziario per tutte le città che li hanno ospitati, con un rapporto medio tra costi effettivamente sostenuti e costi preventivati pari al 180%. Atene è quella che ha fatto la figura peggiore, finendo in un rosso spaventoso, presentandosi al mondo con gli impianti incompleti e dando il La a problemi di cui non si vede la fine. A Rio De Janeiro non è andata molto meglio, persino a Londra le cose non  sono andate un granché.

Nel frattempo, in Italia ci sono state le Olimpiadi invernali del 2006, che hanno lasciato Torino con uno Stadio Olimpico virtualmente inutilizzato e poco altro, visto che il Sestriere aveva infrastrutture più che discrete e per quasi tutto il resto si sono utilizzati impianti provvisori. Roma invece è una città che andrebbe quasi interamente rifatta: c’è il problema dell’immondizia, l’asfalto è un disastro in una percentuale sconfortante delle strade, le direttrici di traffico sono inadeguate ed intasate a qualsiasi ora del giorno, i trasporti pubblici sono inefficienti ed avrebbero bisogno di investimenti massicci visto che quasi metà del parco autobus è inutilizzabile, gli impianti sportivi se va bene sono vecchi (stadio Olimpico), altrimenti sono dismessi e vanno ricostruiti da zero. L’ultima volta che Roma ha ospitato un evento sportivo, i Mondiali di nuoto del 2009, ha dovuto dirottare le gare in strutture posticce perché quelle che si intendeva realizzare erano molto lontane dal completamento anche anni dopo. Inoltre in Italia l’anno scorso è stato organizzato Expo, che ha sicuramente chiuso in perdita, anche se non si sa di quanto visto che ad un anno dalla chiusura i bilanci sono top secret, con un indotto turistico ridicolo e con qualche bella inchiesta per mazzette e associazione mafiosa aperta dalla Magistratura.

Per queste ragioni, se vogliamo discutere di un piano economico legato alle Olimpiadi, e discuterne seriamente, il piano deve essere realistico. Non voglio vedere il solito diario dei sogni: voglio vedere un progetto in cui sono chiaramente indicate le realistiche ipotesi di cifre che finiranno in corruzione e in mano alla mafia, di persone che finiranno sotto inchiesta, di blocchi ai lavori per le infrastrutture, di ritardi effettivi rispetto ai piani iniziali. Senza un piano del genere, la discussione non inizia neanche. Con un progetto che dimostri come anche con tutti questi problemi si può ristrutturare una parte di Roma senza andare a gambe all’aria, forse possiamo almeno sederci a discutere. Per favore, non pigliamoci per il culo.

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