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“Lo stipendio compra il lavoro, non la persona che lo svolge”.
Questa frase è contenuta in un romanzo italiano scritto alla fine degli anni Cinquanta ed ambientato per la maggior parte nella seconda metà degli anni Trenta. Non è una sentenza emessa dal narratore, bensì parte di un dialogo tra i protagonisti dell’opera, dei ragazzi attorno ai 25 anni di elevata istruzione (tre su quattro sono laureati, il quarto è fermo alla tesi) e discreto benessere. All’interno della conversazione, la frase non è pronunciata dal personaggio politicamente più attivo dei quattro, un comunista dichiarato, nonché l’unico non ebreo, e come tale l’unico non direttamente vittima dei provvedimenti discriminatori del fascismo, ma dalla figlia minore di una famiglia ricca – una famiglia che, contrariamente ad altre, anche prima delle discriminazioni aveva sempre mostrato ostilità nei confronti di Mussolini ed ostentato un atteggiamento progressista, ma pur sempre lontano dall’antifascismo da barricate e dalle istanze della classe operaia.
Oggi, nel 2018, nella società in cui un’azienda verifica il comportamento di un candidato sui social media prima di sottoporlo ad un colloquio di lavoro senza che nessuno lo consideri inappropriato, nel mondo in cui si può essere multati o licenziati per un commento imprudente nei confronti del capo o della compagnia per cui si lavora, in Italia, con la benedizione di un governo guidato da un partito che si dice di sinistra ed ha avallato il licenziamento arbitrario, la medesima frase sarebbe probabilmente vista come estremista, proveniente da quella sinistra che vuole regalare il paese alle destre ed ostacola il grande rinnovamento portato avanti da chi vuole rendere precaria la società in tutti i suoi aspetti ed immagina un mondo in cui siano tutti clienti felici di Amazon e Booking – a proposito di chi fa maliziosamente confusione tra ciò che le persone, non solo i dipendenti, fanno, ciò che hanno e ciò che sono.
Insomma, lavori al Centro di Incubazione e di Condizionamento: ringrazia che un lavoro ce l’hai e tieni un comportamento appropriato alla tua posizione anche fuori dall’ufficio!
Ecco, in una sessantina d’anni siamo passati dal considerare una sostanziale catalanata, fatta dire da Giorgio Bassani al personaggio complessivamente più equilibrato del suo libro più famoso, un’opinione bizzarra, anacronistica e, diciamocelo, un po’ anti-sistema. In una sessantina d’anni siamo arrivati a considerare un’estremista dei diritti dei lavoratori una come Micòl Finzi-Contini.
Con i sentiti complimenti dei grandi capitani d’industria contemporanei, da Jeff Bezos ad Oscar Farinetti.